Alla sala Nassirya del Senato è stato presentato il rapporto dell’Istituto Gino Germani sulle narrazioni strategiche russe nei manuali scolastici italiani. Iryna Kashchey a Formiche.net: Mosca “è molto abile nell’utilizzare i canali e gli strumenti della democrazia”, come i libri di testo per le scuole
Al Senato della Repubblica, nella sala Nassirya, è andato in scena un confronto che intreccia scuola, politica e sicurezza nazionale. Su iniziativa del senatore Marco Lombardo, l’Istituto Gino Germani ha presentato il suo rapporto “Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane”. Un titolo tecnico che racconta però un fenomeno politico-culturale di primo piano: la penetrazione della propaganda del Cremlino nei manuali con cui si formano gli studenti italiani.
“Ho il piacere e il privilegio di promuovere in Senato un volume di particolare importanza per la nostra democrazia”, ha detto Lombardo. “Quella contro le ingerenze straniere è una battaglia da combattere con la consapevolezza, l’elemento più importante. E il lavoro dell’Istituto Germani è stato fondamentale per accendere i riflettori sul tema”.
Lo studio
Il responsabile dell’Osservatorio Ucraina dell’Istituto Germani, Massimiliano Di Pasquale, ha illustrato i risultati dell’indagine: 28 testi scolastici analizzati, dalle edizioni precedenti all’invasione russa fino ai volumi del 2024. “Il campione è rappresentativo perché raccoglie i libri delle principali case editrici italiane, quelli più adottati nelle scuole. Abbiamo trovato narrazioni di base molto simili a quelle del Cremlino, dalle rappresentazioni russofone del Donbass fino all’origine russa di Kyiv”.
La voce di Iryna Kashchey, giornalista di Rainews, ha reso concreto l’impatto: “Non abbiamo trovato nessun libro totalmente privo di narrative del Cremlino. Ogni errore narrativo va in direzione pro-Russia, rafforzando la sua immagine e legittimando le ragioni dell’invasione”. Testi che descrivono l’Ucraina come un Paese povero e corrotto, ridotto a produttore di armi, “dati che non corrispondono alla realtà e che costruiscono un vero impianto ideologico”. A margine dell’evento, Iryna Kashchey ha spiegato a Formiche.net il paradosso della propaganda russa. Mosca “è molto abile nell’utilizzare i canali e gli strumenti della democrazia. Così come la libertà di pensiero degli autori di testo, liberi di scrivere qualsiasi cosa. Ma una volta che quel testo arriva agli studenti, la democrazia finisce, devono studiare su quei libri. È lì che si forma, o si condiziona, il pensiero critico delle nuove generazioni. E quei ragazzi saranno i futuri politici e i futuri elettori”.
La guerra cognitiva
Il direttore dell’Istituto, Luigi Sergio Germani, ha collegato i risultati al quadro più ampio della guerra ibrida: “Questa è una guerra il cui campo di battaglia è la mente umana. Una strategia con radici nel pensiero sovietico, che precede l’invasione militare e talvolta la sostituisce. È la teoria del controllo riflessivo: paralizzare la resistenza interna e minare la coesione delle democrazie”.
Nel mirino non c’è solo l’Ucraina: “Russia, Iran, Corea del Nord, Cina e attori non statali puntano a erodere la volontà di agire delle democrazie. Strumenti diversi, dalla paura nucleare agli attacchi cyber, dalla manipolazione dei flussi migratori alle azioni eversive, concorrono a un unico obiettivo: dimostrare che le democrazie non funzionano. Per questo le scuole diventano un terreno decisivo”.
La prospettiva diplomatica
L’ex ambasciatore Pier Francesco Zazo ha sottolineato come l’Italia sia tra i Paesi più esposti: “L’Occidente ha sottovalutato la guerra ibrida russa. Dall’era zarista ai giorni nostri Mosca usa la disinformazione per rafforzare il regime interno e screditare i nemici. L’Italia, per motivi storici e culturali, è particolarmente vulnerabile. Occorrono misure nazionali ed europee di contrasto”. Zazo ha ricordato le parole di Karl Popper: “Non si può essere tolleranti all’infinito con gli intolleranti”.
Consapevolezza e contrasto
Il rapporto dell’Istituto Germani e la sua presentazione in Senato mettono nero su bianco la concretezza della guerra cognitiva e dei suoi effetti. Un terreno di scontro che obbliga politica e istituzioni a rispondere, non solo con strumenti tecnici, ma con un investimento culturale e democratico. La resilienza cognitiva è il vero asset strategico dello Stato, prima, della Nazione, poi.