Il Cremlino dichiara indesiderabile il Baccalaureato Internazionale, accusato di plasmare i giovani su modelli occidentali. Una stretta che taglia i ponti con le università globali e spinge Mosca verso l’autarchia educativa, rafforzando l’asse accademico con Pechino
Alla vigilia del nuovo anno scolastico, il procuratore generale russo ha dichiarato “indesiderabile” la fondazione svizzera International Baccalaureate (IB), che dal 1968 sviluppa programmi educativi oggi diffusi in oltre 150 Paesi. Nelle motivazioni ufficiali, il Cremlino accusa l’organizzazione di “formattare i giovani russi secondo modelli occidentali”, distorcere la storia, diffondere propaganda antirussa e promuovere “valori non tradizionali”.
La decisione colpisce direttamente le circa 30 scuole russe che fino ad agosto adottavano il programma IB, da Mosca a San Pietroburgo, da Kazan a Samara. I diplomi rilasciati sotto questo sistema, riconosciuti da circa 5.000 università in Nord America, Europa e Australia, rappresentavano fino a ieri il canale privilegiato per la costruzione di un futuro accademico all’estero.
Come e chi (ri)scrive la storia
I programmi di formazione occidentali erano già malvisti a seguito dell’annessione della Crimea nel 2014. Oggi, secondo la Procura generale, i materiali dell’IB, sarebbero stati “adeguati alla posizione russofobica dell’Occidente collettivo” e conterrebbero riferimenti al “screditamento dell’esercito russo” e alla necessità di isolare Mosca a livello internazionale.
A pesare non sono solo i contenuti sensibili: nel curriculum IB, ad esempio, la Seconda guerra mondiale viene studiata includendo il Patto Molotov-Ribbentrop, mentre il regime staliniano compare accanto a Hitler, Mussolini e Mao nella sezione dedicata agli “stati autoritari”. Elementi inconciliabili con la narrazione storiografica ufficiale imposta dai manuali russi unificati.
Gli indesiderabili
Si tratta di una misura che mira a tagliare i canali di integrazione internazionale della gioventù russa. L’istruzione diventa così una scelta (geo)politica: rimanere nel solco patriottico o rischiare di apparire disallineati.
Agli occhi delle autorità, qualsiasi standard educativo straniero è un potenziale “pericolo per la sicurezza nazionale”. La designazione come “indesiderabile” non è simbolica. Comporta il divieto di cooperare con l’organizzazione, trasferirle fondi o diffonderne i materiali. Pagare per sostenere un esame IB può essere equiparato al “finanziamento di un’organizzazione indesiderata”, con sanzioni amministrative e, in caso di recidiva, anche penali. La stessa dinamica si è vista con lo IELTS, l’esame di lingua inglese gestito dal British Council, bandito nel 2025. Da allora, perfino vecchi post sui social che menzionano l’ente possono essere usati in tribunale come prove di “partecipazione ad attività proibite”.
Un altro “ non desiderato” si aggiunge alla lunga lista delle organizzazioni occidentali dichiarate sgradite alla Russia. Questa volta tocca al RUSI – Royal United Services Institute for Defence and Security Studies, storico think tank britannico fondato nel 1831, considerato uno dei principali centri di ricerca indipendenti su difesa, sicurezza globale e relazioni internazionali e finanziato, secondo Mosca, non solo dalle autorità di Londra e dalla Commissione europea, ma anche da ulteriori “organizzazioni indesiderabili in Russia”. I materiali e i seminari promossi dall’istituto avrebbero un’ossessione specifica: studiare le capacità politiche e militari di Mosca. Nelle parole delle autorità, sotto il pretesto di analizzare la “minaccia russa”, i ricercatori del RUSI discutono tattiche militari, metodologie di guerra e sviluppo di nuove armi, fornendo così strumenti intellettuali ai governi occidentali.
La rosa dei venti accademica: chiusura a Ovest, apertura a Est
La stretta sull’IB vuole de-occidentalizzare gli standard educativi e ri-indirizzare la mobilità accademica. Così, nella formazione delle èlite prende piede la rotta cinese. Scuole internazionali in Cina (talora collegate a Oxford/Cambridge, insegnamento in inglese) come alternativa “formalmente non occidentale” ma efficace per l’entrata (o l’infiltrazione) nei grandi atenei globali.
Parallelamente, riferisce Interfax, durante la visita ufficiale di Vladimir Putin a Pechino, è stato firmato un pacchetto di intese che saldano l’integrazione accademica e tecnologica tra i due Paesi. Secondo il Cremlino, l’intesa di punta è l’istituzione di un Istituto russo-cinese di ricerca fondamentale co-creato da Università Statale Lomonosov di Mosca (MSU) e Università di Pechino: una piattaforma pensata per rafforzare infrastrutture scientifiche, standard di ricerca e formazione di specialisti ad alta qualificazione.
Accanto a questo progetto bandiera, è stato firmato un accordo di scambio accademico tra la Higher School of Economics (HSE) e l’Università di Pechino, mentre l’Università tecnica statale di Mosca Bauman collaborerà con la Tsinghua University su ricerca e innovazione. Sul piano del sostegno finanziario, la Russian Science Foundation e il Ministero della Scienza e della Tecnologia cinese hanno concluso un memorandum per il co-finanziamento di progetti congiunti, costituendo anche una cooperazione mirata alle attività di ricerca, allo sviluppo tecnologico e persino al settore spaziale tra il Fondo russo per la promozione dell’innovazione e la stessa Tsinghua.
Le idee sono armi
Il ridirezionamento a Est dell’ecosistema scientifico russo si basa su standard condivisi, canali stabili di mobilità per studenti e docenti, filiere comuni dedicate a deep tech e spazio. L’asse con la Cina offre a Mosca l’accesso a reti, infrastrutture e co-finanziamenti che altrimenti sarebbero preclusi, mentre per Pechino significa consolidare la propria centralità tecnologica nello spazio post-sovietico, congiuntamente a co-tutele accademiche e nuove ricadute industriali in settori strategici e a doppio uso.
La mossa contro il Baccalaureato Internazionale segna la costruzione di una cortina di ferro educativa, con cui il Cremlino cerca di blindare il futuro delle nuove generazioni. Nella rosa dei venti accademica – e geopolitica – l’impressione è che, ancora una volta, la posta in gioco non siano i programmi scolastici, ma il controllo ideologico sui cittadini di domani. Lo stesso controllo che il Cremlino aveva più volte cercato di operare sui manuali di testo italiani, con distorsioni narrative e storiche a favore di Mosca.
Chiudere i canali educativi che portano all’Occidente, riallineare il racconto storico e i “valori”, centralizzare standard e valutazioni e cooperare nella ricerca e nell’educazione con gli alleati asiatici. La direzione è chiara e mira all’autarchia educativa temperata da partnership orientali. Le idee sono armi. E Mosca vuole il proprio arsenale cognitivo, senza alcuna testata culturale esterna e potenzialmente divergente.