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Torna in attività Yantar, la nave spia russa nelle acque occidentali

Lo Yantar è tornato a pattugliare i fondali atlantici ed europei.  La nave spia russa che mappa, installa sensori, individua punti di vulnerabilità che valgono come leva strategica

Tra i fondali ed i submarine cables europei è tornata una presenza conosciuta, lo Yantar, nave spia della marina russa che pattuglia i fondali atlantici e nordici per mappare l’infrastruttura più vitale e al tempo stesso più vulnerabile dell’Occidente, i cavi sottomarini. Secondo le analisi ricostruite dal Financial Times, lo Yantar sarebbe tornato in attività dopo mesi di relativo silenzio dovuto all’intensificarsi della guerra in Ucraina. 

Le rotte dello spionaggio russo

Nel novembre scorso la nave ha percorso un lungo itinerario che l’ha portata dal Mare del Nord all’Irlanda, fino al Mediterraneo e verso Suez, seguendo con attenzione le direttrici lungo cui corrono i cavi più sensibili. In alcune occasioni la nave ha spento i sistemi di identificazione, sostando per ore sopra i nodi di interconnessione tra i cavi.

Lo Yantar è parte della Gugi, la direzione russa di “ricerca in acque profonde”, branca particolare del ministero della Difesa che opera in stretto raccordo con il Gru, l’intelligence militare. Le unità Gugi dispongono di sommergibili miniaturizzati, droni capaci di scendere a seimila metri, operatori addestrati con protocolli simili a quelli dei cosmonauti sovietici. Il compito? Azioni sotto soglia, predisporre lo scenario operativo, collocare sensori, manipolare cavi, lasciare punti di vulnerabilità pronti all’uso.

Informazioni, armi.

La logica è quella della grey zone. Lo Yantar non sabota, non distrugge, non lancia attacchi diretti. Mappa, fotografa, archivia. Ogni missione crea più opzioni. Ogni itinerario accumula più conoscenza. Così, in caso di necessità, quei database diventano strumenti d’attacco. Tranciare un cavo, isolare un’isola (come le Svalbard), interrompere le connessioni tra Irlanda e Gran Bretagna avrebbe un impatto immediato e devastante sulla coesione sociale, economica e politica degli alleati Nato. 

Allo stesso tempo, la vulnerabilità europea è evidente. Nel mar d’Irlanda, ad esempio, si concentrano almeno tre cavi che connettono i due lati della Manica e che trasportano dati finanziari e comunicazioni governative. Un danneggiamento in quell’area comporterebbe un danno serio al Regno Unito senza violare direttamente un Paese Nato, sfruttando l’ambiguità giuridica del dominio subacqueo, ancora poco regolamentato e difficilmente presidiabile. 

Non serve colpire. Basta dimostrare di poterlo fare, per costringere l’avversario a vivere sotto pressione.


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