Il nuovo Dpp racconta le priorità italiane nel campo della Difesa: tra investimenti, strategie industriali e scelte politiche, emerge la mappa di come Roma sta ridisegnando il proprio strumento militare. L’analisi di Matteo Mazziotti di Celso (Geopolitica.info)
Il ministero della Difesa ha reso pubblico il Documento Programmatico Pluriennale 2025-2027. Il documento viene pubblicato dopo la legge di bilancio, pertanto non aggiunge fondi ulteriori a quelli già stanziati per la difesa. Tuttavia, esso fornisce dettagli maggiori in merito a come verranno spesi i soldi messi a disposizione della Difesa nel triennio successivo. Per questo motivo, la sua analisi permette di comprendere in che modo il governo intende sviluppare lo strumento militare.
Il bilancio
Rispetto a quelli pubblicati negli anni precedenti, questo Dpp era particolarmente atteso. Il motivo risiede nel fatto che, nonostante il bilancio della difesa comunicato dall’Italia alla Nato – così come stabilito dalla legge di bilancio 2025 e misurato secondo i criteri di misurazione adottati negli scorsi anni – indichi una spesa pari all’1,5% del Pil, l’Italia ha comunicato all’Alleanza di aver raggiunto la soglia del 2%. Pertanto, molti si aspettavano di trovare nel Dpp informazioni dettagliate in merito a come l’Italia avesse raggiunto questo obiettivo.
Partiamo da alcune cifre. Secondo la legge di bilancio 2025, il bilancio della difesa italiana per l’anno in corso è pari a 31,298 miliardi di euro, 2,1 miliardi in più rispetto a quello del 2024 (+7,2%). Il bilancio della difesa, però, non è uguale al bilancio dichiarato alla Nato. Quest’ultimo, cui la Difesa fa riferimento col termine ‘Bilancio Integrato in chiave Nato, comprende tre componenti. La prima componente è il bilancio della difesa, a cui però vengono sottratte le spese per i Carabinieri, tranne quelle relative alla quota deployable dell’Arma. Il totale di questa somma è 25,8 miliardi, 2,1 in più rispetto al 2024. La seconda componente è composta dalle risorse fornite dal Mimit finalizzate a sostenere i compiti istituzionali della difesa (quasi tutte dedicate agli investimenti militari). Il totale di queste risorse è pari a 3,316 miliardi, 1 miliardo in più rispetto al 2024. La terza componente è composta dalle risorse del Mef, riservate a sostenere le missioni all’estero. Il totale di questa somma è pari a 1,345 miliardi, in linea col 2024. Secondo Rivista Italiana Difesa, la fonte più autorevole in materia di bilanci della difesa, la somma di queste componenti è pari a 30,4 miliardi di euro, pari all’1,5% del Pil.
Secondo il DPP 2025-2027, invece, questa cifra ammonta a ben 45,315 miliardi di euro. Stando ai dati del DPP, quindi, nonostante il bilancio della difesa aumenti di soli 3 miliardi (+2,1 miliardi del bilancio difesa, +1 miliardo del Mimit), il bilancio integrato in chiave Nato aumenta di ben 15 miliardi. Secondo il documento, questa somma, pari a circa lo 0,5% del Pil, è stata reperita aggiungendo al bilancio integrato in chiave Nato due componenti: “budget per contesti, domini e settori a cui è stato attribuito un focus più militare” e “i progetti di cooperazione military (e.g.: military mobility).” Si tratta di due componenti poco chiare, perché il Dpp non fornisce ulteriori dettagli. Resta il fatto che l’Italia è riuscita a soddisfare i requisiti Nato incrementando di fatto il bilancio di solo 3,1 miliardi.
Nei prossimi anni, tuttavia, il bilancio dovrebbe crescere in maniera più decisa. Infatti, secondo il Documento Programmatico di Finanza Pubblica, reso noto dal Consiglio dei ministri la settimana scorsa, l’Italia prevede di aumentare gradualmente le spese per la difesa nei prossimi tre anni per un totale di circa 12 miliardi. Secondo questo documento, l’incremento dovrebbe essere pari a 3,49 miliardi nel 2026 (0,15%), 3,57 miliardi nel 2027 (0,15%) e 4,89 miliardi nel 2028 (0,2%). Così facendo, il bilancio della difesa italiana ammonterebbe a circa 12,2 miliardi in più rispetto a quello del 2025, e l’Italia raggiungerebbe veramente l’obiettivo del 2% (verosimilmente grazie ai prestiti Safe).
I nuovi programmi
Al di là delle questioni relative al bilancio, però, il principale fattore di interesse del Dpp risiede nei dettagli che il documento fornisce in merito ai nuovi programmi per la difesa. Volendo fare cenno solo ai più importanti, per le forze navali spicca il previsto avvio del programma “studi/sviluppi nuove tecnologie per future unità navali”, che prevede lo studio di programmi tra i quali figura la costruzione di una portaerei di nuova generazione, un programma cui aveva già fatto cenno l’Ammiraglio Credendino a giugno, quando si era espresso a favore della produzione di una portaerei a propulsione nucleare per la Marina. Sempre in ambito navale, spicca il previsto avvio del programma “Sistemi di Deep Strike e Antinave”, che prevede, tra le varie cose, la possibilità di dotare le nostre unità navali di missili da crociera per attacco terrestre. Per capirci, si tratta di dotare la Marina della capacità di condurre attacchi simili a quelli condotti dalle Fremm francesi nell’aprile del 2018, quando presero parte all’azione di ritorsione contro il presunto impiego di armi chimiche da parte di Assad. Le navi francesi parteciparono lanciano 3 missili MdCN (Scalp Naval). Come documentato da Rid, se l’Italia avesse voluto partecipare con unità navali, sarebbe rimasta a guardare. Per troppo tempo l’Italia non ha potuto contare su questa capacità, un’po’ per resistenze politiche, un po’ per rivalità interforze (tra Marina e Aeronautica) e all’interno della Marina. Il fatto che finalmente il DPP stanzi fondi per questo programma è dunque una notizia da accogliere molto positivamente.
Per le forze terrestri spicca il finanziamento per l’ammodernamento di 125 carri Ariete (non più 90, come previsto), l’incremento dei finanziamenti per il programma A2CS (per lo sviluppo di una famiglia di veicoli corazzati), che sale a 8,269 miliardi (nel 2024 erano 6,455), e l’incremento dei fondi per il programma per il nuovo semovente ruotato da 155/52mm (+435 milioni). Per le forze aeree (e navali), spicca il programma per l’acquisizione di 6 Maritime Multi Mission Aircraft (M3A), velivoli da pattugliamento marittimo e antisommergibile. Si tratta di un programma importante perché al momento l’Italia non dispone di una vera piattaforma di questo tipo. Inoltre, il DPP prevede anche lo stanziamento di fondi per la produzione di 6 batterie Medium Range SAMP/T New Generation (NG) per l’Esercito e 5 batterie SAMP/T NG per l’Aeronautica, quindi un importante investimento sulla capacità di difesa aerea. Il DPP poi, per la prima volta, prevede ingenti stanziamenti per il munizionamento, inevitabile conseguenza delle lezioni ucraine.
Tutto sommato, quindi, la sezione dei programmi è ricca di notizie positive. Meno positive sono le informazioni riguardanti il settore dell’esercizio, vera nota dolente della difesa. Il DPP indica che la spesa dedicata a questa fondamentale componente (finanzia l’addestramento e la manutenzione di mezzi e infrastrutture) subirà un leggero incremento nel 2025 (+80,7milioni) ma tornerà a calare negli anni successivi (-350 milioni nel 2026 e -16,7 milioni nel 2027). Si tratta di un problema estremamente grave, perché l’ipofinanziamento del settore esercizio compromette l’operatività delle unità e accelera il precoce logoramento di mezzi e sistemi d’arma. Se l’Italia vuol sul serio aumentare le capacità delle proprie Forze armate di confrontarsi in combattimento, allora l’incremento delle spese per questo settore dovrebbe rappresentare la vera priorità del ministero.