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Così Mosca usa gli influencer stranieri per costruire consenso globale. Tra loro anche un italiano

La commedia dell’arte di Mosca utilizzerebbe le maschere degli influencer “innamorati della Russia” per muovere una rete di influenza e di soft power su scala globale. Tra di loro anche un italiano. L’inchiesta di Tua Research e United24 Media

TikTok, YouTube, Instagram e vlog di viaggio come vettori di narrazioni amiche e vicine a Mosca. Vettori di comunicazione e strumenti di espansione della propria sfera di influenza, nella quale la vicinanza di influencer e personaggi noti, veri e propri agenti di influenza, sono utili a modellare le percezioni della Russia fuori dalla propria regione del mondo. L’indagine condotta da Tua Research e United Media24 ricostruisce il movimento degli influencer al soldo del Cremlino e il funzionamento delle operazioni di immagine innescate grazie al loro social scoring.

Al centro, il Presidential Foundation for Cultural Initiatives (Pfki), un fondo voluto da Vladimir Putin nel 2021 con la missione ufficiale di “sostenere la cultura russa”. Dal Pfki sarebbero finanziati progetti educativi, culturali e docuserie per promuovere l’immagine della Russia a livello globale, con la partecipazione di influencer provenienti da tutto il globo e coordinati da un’agenzia apposita, chiamata Bezgranichnye (senza limiti in lingua russa).

Una di loro, indica l’inchiesta congiunta, sarebbe Alexandra Jost, tedesca, si fa chiamare Sasha Meets Russia. Quarantaseimila follower, una narrativa dolce e insistente: “In Occidente ci odiano, qui ho trovato la libertà”. Nei suoi video, la Russia è il Paese dei valori, della famiglia, della calma. Nessuna traccia di repressione o guerra. Solo neve, tè e patriottismo.

La struttura 

A guidare l’operazione, segnala l’indagine di Tua Research e United24 Medi, ci sarebbe Maria Dudko, 30 anni, giurista dell’Università di Mosca ed ex assistente parlamentare alla Duma. Nelle sue rubriche telefoniche comparirebbero i nomi di Olga Timofeeva e Dmitry Kuznetsov, deputati del partito di governo Russia Unita.
Oggi sarebbe lei la mente di Bezgranichnye, agenzia che definisce sé stessa come “la prima in Russia a collaborare con blogger stranieri leali”. Da qui, Dudko gestisce una vera scuderia di influencer, controlla i budget, supervisiona le riprese, distribuisce linee guida. Organizza masterclass, viaggi, set fotografici. Tutto con fondi provenienti dal Pfki, cioè dal Cremlino.

Nel suo portfolio, oltre a Sasha Meets Russia, comparirebbero, secondo l’inchiesta, Domingo Garcia (marito della blogger), l’iraniana Romina Bagheri, lo statunitense Carlos Lopez, la francese Shera Attar e il tedesco Sven Svenson, biker del gruppo ultranazionalista Night Wolves. E tra i molti influencer e content creator, anche l’italiano Lorenzo Bagnati (oltre 2 milioni di follower su YouTube e TikTok), i cui contenuti digitali, rigorosamente in lingua russa, ospitano spesso collaborazioni con “colleghi” russi e cinesi.
Diversi profili e sempre il medesimo copione “La Russia è un Paese accogliente, la sua cultura somiglia molto a quella occidentale”.

L’operazione di Dudko sarebbe il punto di convergenza tra comunicazione strategica e operazioni di influenza adattate alle logiche algoritmiche di oggi. Nel 2022, lo stesso fondo dietro alle attività digitali degli influencer amici della Russia, il Pfki, avrebbe destinato, sostiene l’inchiesta congiunta, oltre 293,8 milioni di rubli a progetti che glorificano la “operazione militare speciale” in Ucraina. Mostre, eventi, piattaforme online. Contenuti che rielaborano la percezione della realtà, a beneficio di chi guarda da fuori.

Questione di feeling

Per Mosca, l’uso di influencer stranieri è una mossa d’ingegneria culturale. Serve a creare “ambasciatori del consenso”, volti puliti che parlano a pubblici occidentali più sensibili al linguaggio dell’esperienza personale che alla retorica politica. Nel mondo iperconnesso, un sorriso credibile vale quanto un comunicato del Ministero degli Esteri.

Non è un caso che la rete di Dudko si estenda anche all’Italia. L’italiano Lorenzo Bagnati, musicista formatosi in Russia, sarebbe, secondo l’indagine condotta da Tua Research e United Media 24, uno dei volti più visibili della propaganda soft del Cremlino oggi. Nei suoi video, il patriottismo russo diventa lifestyle, e Mosca una città di opportunità, spesso incompresa dall’Occidente. La Russia non è isolata, ma amata.

Lo scopo? Occupare lo spazio informativo globale, impattando sulle percezioni dell’utente social, lavorando su stimoli emozionali binari e di relativa semplicità: contenuti ripetitivi e ripetuti per stimolare simpatia. Stimoli cognitivi apparentemente innocui ma in grado di tracciare la linea tra percezione positiva o ostile, erodendo l’oggettività dei giudizi perché affidati a canali ritenuti gradevoli, inoffensivi e promossi dal funzionamento algoritmico delle piattaforme.  È media power: fondi culturali, agenzie di Pr, influencer, piattaforme. Un ecosistema di influenza che serve a legittimare la guerra e spostare l’asticella dell’opinione pubblica europea, iniziando proprio dai giovanissimi.

 


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