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Dopo il crollo del caso Cash-Berry, Westminster valuta nuove restrizioni ai funzionari cinesi

Dopo il collasso del caso Cash-Berry, Westminster valuta di limitare l’accesso dei funzionari cinesi. Mentre Bruxelles riaccoglie Huawei ai tavoli dell’energia

Il Parlamento britannico torna a blindarsi contro Pechino. Secondo quanto rivelato dal Telegraph, lo Speaker della Camera dei Comuni, Lindsay Hoyle, avrebbe avviato contatti con il suo omologo del Parlamento europeo per valutare nuove restrizioni all’accesso di delegazioni e funzionari cinesi a Westminster, nel tentativo di rafforzare le misure di sicurezza interna dopo il collasso del cosiddetto caso Cash-Berry, l’indagine per spionaggio a favore della Repubblica Popolare archiviata a inizio ottobre per insufficienza di prove, con conseguenti pesanti critiche nei confronti del Crown Prosecution Service e del governo di Keir Starmer per la gestione di un caso che avrebbe dovuto segnare un precedente opposto nella lotta all’influenza cinese nel Regno Unito.

Westminster e l’effetto collaterale del caso Cash-Berry

Come ricostruito da Formiche.net nelle scorse settimane, il processo contro Christopher Cash e Christopher Berry, due ricercatori accusati di aver trasmesso informazioni riservate a intermediari legati al Partito comunista cinese, è crollato a poche ore dall’apertura del dibattimento.

La ragione? Un vulnus giuridico. Il Official Secrets Act del 1911 impone che l’accusa dimostri l’azione “a beneficio di un nemico”. Ma la National Security Strategy 2025, documento ufficiale del governo britannico, definisce la Cina come “sfida geostrategica”, non “nemico”. Una contraddizione semantica ma concreta, che ha paralizzato de facto il procedimento e aperto un caso politico.

La stessa Hoyle, già nel 2021 protagonista del bando all’ambasciatore Zheng Zeguang dopo le sanzioni cinesi a parlamentari britannici, starebbe ora valutando un divieto strutturale di accesso per funzionari e visitatori cinesi, sul modello del Parlamento europeo, che nel 2023 aveva bandito Huawei e altre entità legate a Pechino dai propri locali dopo lo scandalo cash-for-influence.

Bruxelles riapre, Londra chiude

Proprio mentre Westminster prepara nuove barriere, Bruxelles le smonta. Come rivelato da Politico, Huawei è stata recentemente riammessa, come “membro passivo”, in SolarPower Europe, la principale lobby comunitaria del settore fotovoltaico. Un reintegro tecnico, formalmente neutro, ma che permette al colosso cinese di tornare ai tavoli dove si discutono le strategie energetiche europee.

Dopo essere stata bandita per sospetti di corruzione e interferenze politiche, Huawei potrà dunque nuovamente partecipare, seppur in forma limitata, alle dinamiche del mercato fotovoltaico comunitario. Un passo che solleva non pochi e non banali interrogativi sulla tenuta del sistema regolatorio europeo e sulla capacità di Bruxelles di bilanciare sicurezza, autonomia strategica e cooperazione industriale. Huawei detiene infatti circa il 65% del mercato europeo degli inverter, dispositivi che trasformano l’energia solare in elettricità di rete e diversi centri di ricerca, come il Uceeb di Praga, avvertono che tali tecnologie possono rappresentare potenziali punti d’accesso remoto, con rischi per la sicurezza energetica e per la continuità operativa delle reti elettriche.

L’indagine parlamentare e il nodo della fiducia

Il 16 ottobre, l’Intelligence and Security Committee of Parliament (Isc) ha confermato di aver ricevuto il materiale classificato relativo al caso Cash-Berry e di voler indagare come tali informazioni siano state gestite e condivise tra le diverse agenzie di intelligence.
Il Comitato, presieduto da Lord Beamish, ha sottolineato che la Crown Prosecution Service non rientra nel proprio mandato, ma che “seguirà le prove ovunque necessario”, suggerendo un’indagine ad ampio spettro sulla catena decisionale e sull’efficacia dei meccanismi di sicurezza interna. Qui, congiuntamente alle richieste, non molto cortesi e sempre più pressanti da parte di Pechino per ina nuova ambasciata nel cuore di Londra, la proposta dello Speaker Hoyle si carica di significato geopolitico, che intende limitare gli ingressi ai funzionari cinesi come misura di autodifesa istituzionale e di sicurezza nazionale.


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