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Quando l’IA ha l’accento russo. Così il Cremlino punta ai chatbot

Un quinto delle risposte sulla guerra in Ucraina dei principali chatbot attinge a fonti vicine al Cremlino. Mosca sfrutta vuoti informativi e vulnerabilità dei modelli per inserire propaganda e guadagnare credibilità attraverso strumenti ritenuti affidabili. Lo rivela il nuovo report dell’Institute for Strategic Dialogue

Le più avanzate intelligenze artificiali conversazionali, da ChatGPT (OpenAI) a Gemini (Google), passando per Grok (xAI) e DeepSeek, sono ormai vere e proprie infrastrutture cognitive e bacini di attingimento per la dieta informativa degli utenti di tutto il mondo. Motori di ricerca che parlano, ragionano, forniscono risposte e dirigono flussi informativi. Secondo un rapporto recente dell’Institute for Strategic Dialogue (Isd), che ha testato l’integrità di questi sistemi, i chatbot interpellati hanno citato fonti riconducibili allo Stato russo o alle sue reti d’influenza in circa uno su cinque dei casi quando gli utenti chiedevano della guerra in Ucraina. I dati, riportati nello studio, riflettono una strategia del Cremlino che punta a colmare i vuoti informativi, o data voids, spazi in cui fonti occidentali o ufficiali sono scarse, con narrazioni alternative, distorte o manipolate, così da farle emergere anche via IA.

La ricerca dell’Isd individua come quasi un quinto delle risposte fornite dai chatbot su temi relativi all’invasione dell’Ucraina provenga da media russi attribuiti allo Stato, tra cui testate sanzionate dall’Unione europea come RT e Sputnik.

Lo studio

L’esperimento, che ha previsto 300 domande in cinque lingue, formulate in modo neutro, orientato o apertamente tendenzioso, ha dimostrato come le risposte ottenute citassero fonti pro-Cremlino all’aumentare del pregiudizio della domanda.

Dal punto di vista operativo, segnala l’Isd, la minaccia si articola su più livelli. I dati di addestramento o le fonti citate diventano veicoli della propaganda quando un modello conversazionale attinge a contenuti che includono media sanzionati o pro-Cremlino, riflettendo dunque quelle stesse narrazioni. Lo studio ha registrato testate come Sputnik Globe, Sputnik China, RT (ex Russia Today), EADaily e la Strategic Culture Foundation tra le fonti ricorrenti citate dai chatbot in contesti bellici. I prompt degli utenti svolgono in queste dinamiche un ruolo fondamentale. L’Isd ha evidenziato che le risposte filo-Cremlino aumentano quando la domanda è già tendenziosa o orientata da pregiudizio. La strategia data void sfrutta temi poco coperti da fonti solide, come ad esempio il reclutamento ucraino, i negoziati di pace, questioni complesse meno mediate, e linguaggi secondari.

I meccanismi interni dell’IA rappresentano poi una ulteriore criticità, data la composizione del dataset, la scarsa etichettatura delle fonti e la mancanza di trasparenza sull’origine dei contenuti citati. Il rischio è che narrazioni ostili vengano amplificate involontariamente o, peggio, volontariamente, attraverso lo l’avvelenamento dei bacini linguistici e lo sfruttamento delle logiche alla base della Pnl. A ciò si aggiunge l’evoluzione strategica dello Stato come player cibernetico. La Russia ha da tempo sviluppato capacità di manipolazione informativa digitale attraverso reti di bot, campagne di disinformazione multilanguage, falsi articoli generati a basso costo, prendendo di mira i sistemi di IA occidentali con l’obiettivo di avvelenarli dall’interno.

La minaccia

Questo modello d’attacco va considerato come minaccia sistemica alla sovranità informativa, che rischia di essere compromessa se un modello consultato da milioni di utenti occidentali ripete e cita fonti ostili destinate a destabilizzare il fronte europeo. Col risultato di una perdita di controllo sulla piattaforma informativa. Quando un chatbot “occidentale” cita una fonte sanzionata russa, la narrazione acquisisce credibilità agli occhi dell’utente. Si trasferisce autorità da canali di disinformazione verso sistemi ritenuti, erroneamente, affidabili. Ed i chatbot si scoprono nuovi soldati digitali nella guerra delle percezioni che coinvolge la dieta informativa degli utenti occidentali e le loro scelte online e onlife.


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