L’intensificazione delle esercitazioni statunitensi a Trinidad e Tobago arriva nel momento più teso tra Washington e Caracas degli ultimi anni. Queste manovre si inseriscono in un clima incandescente, e potrebbero rappresentare la base per possibili evoluzioni operative
Qualcosa si muove a Trinidad e Tobago. Parlando con il Financial Times l’attorney-general del Paese caraibico, John Jeremie, ha anticipato un’imminente intensificazione delle esercitazioni condotte dalla 22ª Marine Expeditionary Unit, come parte della vasta campagna statunitense contro presunti narcotrafficanti attivi tra i Caraibi e il Pacifico orientale. Jeremie non ha fornito tempistiche specifiche, limitandosi a dire le attività congiunte con Washington sono già in corso o lo saranno “nei prossimi giorni”, e sottolineando che Port of Spain si distingue come una delle poche capitali della regione ad appoggiare apertamente l’operazione americana. Una collaborazione che ha inasprito i rapporti con Caracas: dopo l’attracco del cacciatorpediniere Uss Gravely nel porto di Port of Spain, il governo venezuelano ha annullato accordi sul gas con Trinidad e Tobago e dichiarato persona non grata il primo ministro Kamla Persad-Bissessar
La novità sulle esercitazioni di per sé non avrebbe estrema rilevanza, se non fosse che si somma ad un più ampio processo di rafforzamento strategico. La proiezione di forza statunitense nell’area è imponente: dodici navi da guerra, un sottomarino nucleare d’attacco e circa 14.000 militari sono stati dispiegati negli ultimi mesi, in conformità con l’annuncio del segretario alla Difesa Pete Hegseth dell’avvio dell’Operazione Southern Spear, presentata come una missione per eliminare “narco-terroristi” e difendere la sicurezza dell’emisfero occidentale. Tra gli asset più rilevanti figura la portaerei Uss Gerald R. Ford, entrata nei giorni scorsi nelle acque dell’America Latina. Come ricordato da un ex funzionario della Difesa statunitense, le esercitazioni della Meu non sono insolite, ma la quantità di potenza militare schierata in questa fase resta “incredibilmente significativa”, pur senza indicare necessariamente un’intenzione immediata di intervento in Venezuela. E già in passato delle esercitazioni sono state usate come pretesto per lanciare una vera e propria operazione militare…
La mobilitazione statunitense ha suscitato reazioni anche tra partner storici degli Stati Uniti. La Colombia ha sospeso la condivisione di informazioni d’intelligence finché i raid non cesseranno, mentre il Regno Unito e il Canada hanno interrotto parte della cooperazione per timori legati alla legalità delle operazioni. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro, accusato da Washington di guidare un cartello della droga, ha denunciato il dispiegamento americano come il preludio a un tentativo di rovesciamento del suo governo. Il ministro della Difesa di Caracas ha inoltre annunciato la mobilitazione di quasi 200.000 soldati in esercitazioni nazionali in risposta alle “minacce” statunitensi.
















