Mercosur e Europa non sono solo due mercati: sono due mondi diversi di diritto, politica ed economia. Come osservava Hans Kelsen: “Il diritto è l’arte di conciliare la libertà con l’ordine”. Nel Mercosur, la libertà politica spesso sovrasta l’ordine normativo. L’Europa pretende regole stabili prima di aprire i mercati, il Mercosur le adatta alle esigenze del momento
“Adesso o mai più.” Con queste parole il presidente brasiliano Lula da Silva ha rilanciato l’accordo commerciale tra Unione Europea e Mercosur, avvertendo che senza una firma immediata il Brasile non tornerà sul dossier durante il suo mandato. Nonostante pare che gli eventuali accordi slittino a gennaio, il messaggio resta netto, arriva dopo decenni di negoziati e ha l’evidente obiettivo di mettere pressione su alcuni Paesi europei e su Bruxelles, ancora incapace di mostrare compattezza.
Il problema è che al di là delle questioni contingenti e commerciali, spesso Europa e Mercosur si scontrano sull’applicazione delle regole: le norme nel Vecchio continente si rispettano, mentre in Sudamerica si interpretano e cambiano seguendo i capricci della politica.
Lula sostiene che un eventuale intesa favorirebbe soprattutto l’Europa e che affossarla segnerebbe un arretramento protezionistico in un momento di forte instabilità globale. “Se non si fa adesso, il mondo penserà che l’Europa si ritirerà dal multilateralismo”, ha detto il presidente brasiliano, sintetizzando la posta in gioco.
A Bruxelles, però, l’unità latita. Il commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič, ha ricordato che un fallimento danneggerebbe la credibilità internazionale dell’Ue ma molti governi continuano a nutrire dubbi.
Giorgia Meloni ha definito l’accordo “prematuro” senza garanzie per l’agricoltura europea, posizione condivisa da Francia e altri Stati membri. Le ragioni emergono con forza nelle proteste degli agricoltori, che nelle ultime settimane hanno bloccato strade e istituzioni a Bruxelles e in varie capitali europee. Il timore è semplice: carne, cereali e zucchero sudamericani, prodotti a costi inferiori e con standard diversi, rischiano di comprimere margini già fragili. Coldiretti sintetizza così la questione: “La qualità è il risultato di regole chiare e controlli rigorosi”, presenti in Europa ma deboli e soggetti a interpretazioni, altrove.
Il nodo non è solo l’agricoltura. L’Unione Europea vive di norme stabili e quadri regolatori stringenti, mentre nel Mercosur le regole seguono il ritmo della politica. Questo sembra essere il cuore del problema. Vale per le infrastrutture, per grandi appalti pubblici e settori regolati: contratti rinegoziati, responsabilità riassegnate e incertezza diffusa. Le aziende straniere, spesso, si trovano a gestire conseguenze di decisioni che non hanno preso.
È di questi giorni la notizia che, nella Città Metropolitana di San Paolo, a seguito di un blackout causato da tempeste e raffiche di vento fuori dall’ordinario (quasi 100 km/h), il sindaco Nunes per scaricare probabilmente le responsabilità evidenti della sua amministrazione abbia iniziato una caccia ai fantasmi mettendo in dubbio l’assegnazione delle concessioni delle reti elettriche al Gruppo Enel, uno dei maggiori investitori stranieri nel Paese insieme a Tim, che sulle infrastrutture locali investe miliardi di euro da anni.
Un esempio concreto di come il quadro normativo in quelle geografie venga piegato a logiche politiche, che portano a mutamenti rapidi e traumatici, con ricadute dirette sugli operatori e ovviamente sulla fiducia di potenziali investitori, che di fronte a un clima di incertezza e di poca affidabilità non sono certo invogliati a puntare sul mercato brasiliano. La tipica dinamica impensabile in un Paese europeo.
Insomma, Mercosur e Europa non sono solo due mercati: sono due mondi diversi di diritto, politica ed economia. Come osservava Hans Kelsen: “Il diritto è l’arte di conciliare la libertà con l’ordine”. Nel Mercosur, la libertà politica spesso sovrasta l’ordine normativo. L’Europa pretende regole stabili prima di aprire i mercati, il Mercosur le adatta alle esigenze del momento. Finché questa discrepanza resta, ogni negoziato rischia di incepparsi tra Europa e Mercosur, non per dazi o timori di dumping, ma per un’incompatibilità culturale e istituzionale, ben più invalicabile di un oceano.















