Come amava sempre ripetere un grande leader democratico cristiano, Guido Bodrato, “la storia della Dc è la storia delle sue correnti”. Detto con altre parole, la Dc era un partito molto articolato e variegato al suo interno e le correnti, appunto, rappresentavano pezzi di società con i rispettivi interessi sociali e culturali…
Ma le tanto contestate e derise correnti della Democrazia cristiana erano anche solo lontanamente paragonabili alle mille correnti del Pd o a quelle di altri partiti contemporanei? La domanda, almeno credo, è legittima anche perché proprio quelle fatidiche correnti sono tuttora viste ed interpretate come un sintomo del degrado di quel partito che, detto tra di noi, ha contribuito a ricostruire il nostro Paese garantendo 50 anni di libertà, di democrazia, di giustizia sociale e di crescita economica e civile.
Ora, come amava sempre ripetere un grande leader democratico cristiano, Guido Bodrato, “la storia della Dc è la storia delle sue correnti”. Detto con altre parole, la Dc era un partito molto articolato e variegato al suo interno e le correnti, appunto, rappresentavano pezzi di società con i rispettivi interessi sociali e culturali che poi trovavano una sintesi nel progetto politico che veniva elaborato dai gruppi dirigenti del partito.
Correnti, quindi, fortemente rappresentative a livello sociale e territoriale, guidate da leader e statisti autorevoli che erano anche cementate da una precisa elaborazione politica e culturale. Certo, c’erano correnti e correnti. E, per dirla con Carlo Donat-Cattin, “c’erano correnti di pensiero e correnti di potere”. Soprattutto quando si avvicinavano i congressi locali e nazionali si moltiplicavano anche le correnti. Ma, al netto di qualche oggettiva e del tutto fisiologica degenerazione, l’articolazione correntizia della Democrazia Cristiana rispondeva ad un disegno squisitamente e seccamente politico, culturale e sociale. Perché, appunto, le correnti democristiane rispondevano a precisi interessi sociali e culturali ben presenti nella società italiana. Interessi che poi venivano mediati dalla politica e da chi guidava il partito di volta in volta.
Ecco perché il confronto tra quelle correnti e i gruppi di potere che oggi albergano nei cosiddetti partiti plurali – nei partiti personali il problema non si pone neanche perché il partito coincide in tutto e per tutto con il suo capo e con le sue rispettive capacità salvifiche e miracolistiche – è addirittura improprio nonché impossibile. Per la semplice ragione – è persin troppo facile verificarlo nelle concrete dinamiche del partito più correntizzato d’Italia, il Pd – che oggi le correnti sono semplici strumenti di pressione e di potere finalizzate alla sola rivendicazione di posti e di prebende nelle varie istituzioni. Soprattutto a livello parlamentare e nel sottogoverno. Nessuna elaborazione culturale specifica, nessun collegamento con pezzi reali di società, nessuna rappresentatività sociale ed ideale e, in ultimo, nessuna capacità di farsi carico di pezzi di società e delle rispettive esigenze ed istanze per poterle tradurre in un credibile e trasparente progetto politico a media lunga distanza.
E, del resto, è quello che capita concretamente nel Pd, il partito plurale per eccellenza. Una miriade di correnti, sotto correnti, gruppi e bande organizzate che hanno in comune l’assenza strutturale di qualsiasi specificità culturale ma che sono accomunate, invece, dalla precisa volontà di spartirsi il potere all’interno del partito e delle istituzioni.
Ed è per queste ragioni, semplici ma oggettive, che non c’è alcun confronto possibile tra le correnti democristiane di ieri e quelle di oggi. La diversità di fondo, e ancora una volta va ribadito, è che ieri svettava la politica e la sua concreta capacità di elaborazione culturale. Oggi, invece, e al contrario, il ruolo delle correnti è solo quello di dividersi il potere. A prescindere, appunto, dalla politica, dalla cultura politica e dalla autorevolezza della classe dirigente che sapeva interpretare le domande e le precise istanze di pezzi di società. Appunto, la celebre ed antica distinzione tra le “correnti di pensiero” e le “correnti di potere”.
















