La malnutrizione resta una componente sottovalutata dei percorsi di cura oncologica, con costi clinici e sociali rilevanti per pazienti e famiglie. Mentre il riconoscimento pubblico tarda ad arrivare, imprese, assicurazioni e associazioni stanno costruendo sinergie che provano a colmare il divario nell’accesso
In Italia oggi convivono con una diagnosi di tumore circa 3,7 milioni di persone. Per una quota tutt’altro che marginale, la malnutrizione è una componente silenziosa ma decisiva del percorso di cura: il 30% dei pazienti arriva alla diagnosi già in condizione di rischio nutrizionale, e nelle fasi avanzate la cachessia e la sarcopenia colpiscono fino all’80% dei malati, moltiplicando mortalità (+250%), complicanze e durata delle degenze (+30%).
Il conto finale è sanitario ma anche economico, sulle famiglie ricade un secondo prezzo: quello di dover sostenere costi aggiuntivi, per mantenere la possibilità di nutrirsi durante le terapie. Gli Alimenti a fini medici speciali (Afms) e i Supplementi nutrizionali orali (Ons) rappresentano uno degli strumenti utilizzati per affrontare questa condizione.
Con un’efficacia documentata per il miglioramento dello stato nutrizionale e la riduzione del rischio di ricovero del 77%, anticipano la dimissione e contribuiscono a diminuire la mortalità. Ma l’accesso a questa categoria di prodotti rimane eterogeneo: l’assenza di un livello essenziale di assistenza dedicato produce differenze territoriali marcate e, in molti casi, costi a carico delle famiglie.
PRESIDI TERAPEUTICI
La definizione proposta da Francesco De Lorenzo in una recente intervista su Formiche.net, presidente della Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), riassume bene il ruolo assegnato a questi prodotti nel percorso clinico: “veri e propri presidi terapeutici, prescritti dal medico e spesso indispensabili per garantire la possibilità stessa di nutrirsi”. Per i pazienti oncologici, aggiunge, si tratta “strumenti essenziali per mantenere lo stato nutrizionale, affrontare le terapie e migliorare qualità e prospettive di vita”.
LA SFIDA DELLA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA
Il tema si intreccia con un fattore demografico evidente: la struttura della popolazione. Judit Gonzalez Sans, presidente e amministratrice delegata di Danone Italia e Grecia, ricorda che “l’Italia è oggi il Paese più anziano d’Europa, con il 24,7% della popolazione over 65 e oltre 14 milioni di persone con patologie croniche”. In questo quadro, osserva, la malnutrizione non è solo una conseguenza della fragilità, ma un elemento che “compromette la qualità della vita e l’efficacia delle terapie”. “Per questo è fondamentale riconoscere il valore strategico della nutrizione medica e, in particolare, degli Alimenti a fini medici speciali e dei supplementi nutrizionali orali: strumenti essenziali ma ancora troppo poco conosciuti e difficilmente accessibili. La loro mancata inclusione nei Lea rappresenta una disuguaglianza che pesa sulle persone più vulnerabili, costringendo molti pazienti a farsi carico dei costi”, ha aggiunto.
AMPLIARE L’ACCESSO
Accanto ai percorsi sanitari pubblici, si stanno sviluppando anche iniziative indipendenti che cercano di rispondere alle difficoltà di accesso. Groupama Assicurazioni, ad esempio, è diventata la prima compagnia assicurativa in Italia a introdurre la rimborsabilità degli Afms nelle proprie polizze.
Secondo il suo amministratore delegato e direttore generale Pierre Cordier, l’obiettivo è “rispondere a necessità diverse e in continua evoluzione. L’introduzione della rimborsabilità degli Alimenti a fini medici speciali (Afms) nelle nostre proposte Salute e Infortuni è un ottimo esempio di come lavoriamo, anche a beneficio di soggetti vulnerabili”.
Sul piano istituzionale, alcuni passi si stanno muovendo. In sede di Legge di Bilancio sono stati presentati emendamenti riguardanti la detraibilità fiscale degli Afms, l’introduzione di screening nutrizionali strutturati e un possibile intervento sul regime Iva. La Favo ha accolto con favore queste proposte, ritenendole un possibile avvicinamento a una gestione più uniforme e riconosciuta della nutrizione clinica.
Il quadro che emerge è quello di un bisogno assistenziale reale, documentato e ancora non pienamente integrato nei percorsi standard di cura. Le iniziative pubbliche e private che stanno nascendo convergono sullo stesso punto: rendere la nutrizione parte integrante e strutturata dell’oncologia, riducendo le disparità e migliorando la qualità di vita dei pazienti.







