Il comitato di esperti nominato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per formulare proposte di indirizzo nelle riforme istituzionali, nell’economia e per il rilancio del Paese, ha prodotto la relazione con un nutrito pacchetto di suggerimenti (chiamata “Agenda possibile”). I saggi hanno avanzato alcune proposte anche nel campo dell’energia. Vediamone sinteticamente qualcuna.
Innanzitutto gli esperti del Presidente sottolineano la necessità di un’apertura ulteriore del mercato per superare le resistenze che ne frenano le potenzialità. “Nel settore della vendita al dettaglio – dicono – esiste ancora un grado di concorrenza modesto”; e propongono di “definire per via normativa la data oltre la quale uscire definitivamente dal regime di maggior tutela” per potersi basare sulle “sole forze del mercato”.
Nella produzione termoelettrica gli esperti vedono poi un’opportunità per il Paese in un momento di grave crisi della produzione dovuta alla nota “overcapacity” (in sostanza in Italia si potrebbe produrre molta più energia elettrica di quella necessaria per la domanda attuale, elemento che tiene molte centrali a regime minimo). L’opportunità è data dalla possibilità di utilizzare le carenze produttive dell’Europa per proporre l’Italia come grande esportatore di energia in termini di “servizi di flessibilità”.
Per quanto riguarda il mercato del gas, posto che l’Italia soffre delle gravi carenze di flessibilità dei sistemi di approvvigionamento (traduzione: siamo legati mani e piedi ai gasdotti che arrivano da pochi Paesi), secondo i saggi “la rigidità dell’offerta di gas a monte mantiene i prezzi alti e ostacola la concorrenza nei mercati a valle. Pertanto – suggeriscono gli esperti del Presidente – “andrebbero attuati subito gli indirizzi contenuti nella Strategia Energetica Nazionale, che insiste sulla necessità di creare abbondanza di offerta di gas, attraverso i terminali di rigassificazione già costruiti o autorizzati”. Questo porterebbe il nostro Paese, secondo il documento degli esperti, a “massimizzare i benefici derivanti dalla crescente diffusione di gas non convenzionale” all’estero (soprattutto negli Stati Uniti). In sostanza viene rilanciato il concetto di hub del gas: l’Italia come un ponte di transito di grandi stock di materia prima da utilizzare in tutta Europa.
Gli esperti trattano anche il tema dei servizi pubblici locali (acqua, rifiuti), dove essi si muovono, ci pare, con una certa cautela, tutta politica. Infatti i saggi riconoscono che “nel contesto economico attuale in molti casi mancano le risorse adeguate per assicurare la qualità del servizio e per migliorare, o anche solo manutenere, le infrastrutture” e che “si tratta di settori con un forte andamento anticiclico che potrebbero, soprattutto in un momento di crisi, attrarre investimenti privati”.
Tuttavia sono attenti a contemperare l’ingresso di capitali privati con le necessità del mantenimento del servizio pubblico minimo di riferimento, dove affermano che “una simile prospettiva va armonizzata con l’esigenza che l’ingresso di privati non porti pregiudizio ai fondamentali diritti che sono tutelati tramite l’erogazione del servizio stesso e con il fatto che tali servizi utilizzano comunque dei beni comuni (come l’acqua)”. E quindi ecco il contrappeso: “la presenza dei privati – sottolineano – va bilanciata da forti poteri di regolazione delle autorità pubbliche (in particolare l’Autorità per l’energia elettrica e il gas e l’Autorità per i trasporti), dall’indirizzo generale e dal controllo politico degli enti locali, dalla proprietà pubblica delle infrastrutture fisiche”.
Nel campo degli incentivi alle fonti rinnovabili, gli esperti di Napolitano puntano su una revisione razionale e legano la materia all’efficienza energetica, su cui a loro dire il Paese deve grandemente puntare.
“L’accrescimento dell’efficienza energetica – dicono – può consentire di abbassare il costo dell’energia, e può attivare una massa di investimenti che potrebbero stimolare la crescita”. Per raggiungere questi obiettivi, gli esperti suggeriscono di rivedere il rapporto tra incentivi all’efficienza energetica e quelli allo sviluppo di energie rinnovabili: nel 2012 in Italia si sono spesi solamente 500 milioni di euro per incentivi all’efficienza energetica, a fronte dei 6,5 miliardi di euro impiegati per incentivare le fonti energetiche rinnovabili.
Gli esperti propongono pertanto di mantenere la detrazione fiscale del 55 per cento accordata agli investimenti effettuati nella riqualificazione energetica degli edifici; di introdurre o rafforzare standard qualitativi minimi degli edifici in termini di efficienza energetica; di sviluppare il sistema dei titoli di efficienza energetica (meglio noti come Certificati bianchi).
Inoltre l’agenda dei saggi segnala pure la necessità di una profonda revisione degli incentivi alle fonti rinnovabili, che andrebbe però controbilanciata dalla semplificazione delle procedure e dalla contestuale riduzione degli oneri burocratici sopportati attualmente dalle imprese nel processo di autorizzazione per i nuovi impianti.
In ogni caso – è questo è un punto a nostro giudizio fondamentale – deve essere assicurata la piena integrazione degli impianti da fonte rinnovabile nel sistema elettrico complessivo, obiettivo che passa attraverso lo sviluppo delle infrastrutture di rete ed il miglioramento delle modalità di dispacciamento.
Giovanni Galgano, managing director Public Affairs Advisors
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