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Qui rinale, staccato

Qui rinale. Ci si arriva, assai frequentemente, di corsa. Da cui, appunto, l’espressione “corsa al qui rinale”. I più assidui frequentatori di questo colle, cavo e dalla cima arrotondata, sono uomini anziani. Petali al pitale. Massimo scranno dell’uomo fu ed è il pitale. E non c’è pitale che non possa scrivere, dal suo specialissimo punto di osservazione, intere pagine di storia. Gli inglesi, che le cose le fanno suonare sempre meglio, direbbero di questo punto d’osservazione che è “bottom up”.  La qual cosa darebbe soddisfazione alla modernità dell’accesso diretto e partecipativo ai servizi. Evocando, l’up, la goccia fredda e molesta che, per via di Archimede, se ne sale dal pitale.
Ricordo di quella volta quando, tornando da scuola, indicai al nonno un compagno di scuola di cui gli feci anche il cognome. Il nonno rispose sarcastico: “Ah sei in classe co’ mirdaro”. Mi prese un colpo. A me pareva uno normale. Non ebbi manco il coraggio di chiedere spiegazioni tanto era infamante l’appellativo. Solo più tardi scoprì che discendeva da una famiglia il cui antenato si occupava di raccogliere gli umori del paese svuotando i pitali, fuori dalle porte, dentro un grande contenitore collegato al suo carretto che poi andava a riversare chissà dove.
Per dire che è facile fare i nomi, dare appellativi, è facile puntare il dito, ma poi qualcuno il lavoro sporco deve pur farlo. Qui rinale, appunto. Perché il prodotto dei transiti difficili, che essi siano intestinali o istituzionali, va raccolto, trasportato e smaltito.
Come mi insegnò Francesco Nardi, che ha il dono della sintesi, “la politica non ha viscere eppure ce le rivolta”.



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