Dopo la strage di Genova l’attenzione dell’opinione pubblica e dei mass media è altissima. È giusto e corretto: l’auspicio di tutti gli Italiani è che la magistratura, col supporto delle indagini tecniche, faccia luce il prima possibile sulle cause del crollo e sulle eventuali responsabilità e che questo tragico evento rappresenti l’occasione per la definitiva messa in sicurezza di altre infrastrutture che siano in situazione di necessità. Il rischio che si corre in queste occasioni, tuttavia, è quello della gogna a tutti i costi, complice la legittima indignazione dei cittadini di fronte a morti tanto inutili quanto insensate.
Ecco perché mi ha grandemente colpito quanto riportato dal sito internet dell’Espresso che, in un articolo di Fabrizio Gatti, parla di presunte falle nella sorveglianza da parte del Ministero delle Infrastrutture, dato che dal 2017 è al vertice della Direzione Generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali Vincenzo Cinelli, laureato con lode in scienze politiche, con un eccellente curriculum ma con compiti che richiedono – conclude Gatti – “competenze strettamente ingegneristiche”. Se l’Italiano non è un’opinione, da ciò qualcuno potrebbe argomentare che, dato che Cinelli non è un ingegnere, vi sia l’eventualità che i controlli sul ponte possano essere stati in qualche modo viziati dalla assenza di competenze strettamente tecniche in capo al Direttore.
Non conosco Cinelli: mai visto. E stimo Gatti, giornalista e scrittore autore di celebri inchieste sul traffico di migranti e sul caporalato in agricoltura (solo per citarne alcune). Tuttavia, a scanso di equivoci, chiariamo subito che pensare che chi governa una Direzione Generale in un ministero – o una qualsiasi struttura complessa assimilabile – debba essere necessariamente un tecnico specialistico è una colossale ed erronea semplificazione. Il sapere tecnico, indispensabile, fa parte del patrimonio dell’organizzazione, che va governata secondo criteri amministrativi, contabili, manageriali. Procedimenti complessi abbisognano di tante figure – tecniche, amministrative, di supporto – che danno corpo ad una decisione strutturata che, nella fase finale, è in capo al vertice della struttura e che deve basarsi sulle valutazioni ed i passaggi endoprocedimentali.
Non casualmente, peraltro, l’attuale capo della nostra Protezione Civile, una delle migliori al mondo, è laureato in Economia e Commercio. Insomma, non c’è nessun luminoso dominus che fa e disfa, ma procedure da rispettare con responsabilità. Non significa, naturalmente, che tutto vada bene e che nella macchina pubblica fili tutto liscio. Affatto. I problemi sono molti e annosi, ed è necessario puntare a fare dell’amministrazione pubblica sempre più una leva per lo sviluppo del Paese. E alla domanda sul perché quel maledetto ponte sia crollato al momento non ci sono risposte. Men che mai risposte facili. Si lascino lavorare la commissione interna e gli inquirenti, senza dannose semplificazioni: mi rendo conto che possa suonare impopolare dirlo, ma in un Paese civile le cose funzionano così.