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Il Mediterraneo si fa russo? Il commento di Bertolini

Venticinque navi e trenta aerei dall’1 all’8 settembre. Sono i numeri della maxi esercitazione che la Russia svolgerà nel Mediterraneo nei prossimo giorni, come annunciato direttamente dal ministero della Difesa di Mosca. La notizia era nell’area (e anche Formiche ne aveva tenuto conto) dopo che sui media erano circolate indiscrezioni su un imminente dispiegamento di unità navali russe nelle acque del mare nostrum. L’obiettivo è potenziare la deterrenza in un momento che appare particolarmente delicato, data la preparazione da parte dell’Esercito siriano di un’offensiva su Idlib, l’ultima roccaforte degli antagonisti al regime di Assad.

CRESCE LA TENSIONE

Putin offre un indiretto sostegno al proprio alleato, cercando anche di evitare quella un attacco chimico fake che la Russia ha già previsto poter essere inscenato nella cittadina siriana per far scattare una nuova reazione degli Stati Uniti, proprio come quella dello scorso ottobre. Eppure nell’esercitazione dei prossimi giorni si nasconde un altro messaggio, legato al vertice di Tabriz che il prossimo 7 settembre vedrà riunirsi Iran, Turchia e Russia sulla questione siriana. Ci sarà il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, e il collega russo sembra intenzionato a presentarsi come voce principale a un tavolo che nasce con l’obiettivo di escludere Washington dalla definizione dei futuri assetti del Paese mediorientale.

IL VALORE DELL’ESERCITAZIONE

È convinto del legame dell’esercitazione con l’offensiva su Idlib anche il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi), del Comando interforze per le operazioni delle Forze speciali (Cofs) e della Brigata paracadutisti Folgore. “Le esercitazioni non sono giochini, servono anche per dimostrare efficacia alla controparte e svolgere un ruolo di deterrenza”, ci ha detto. “Il fatto che i russi abbiano deciso di farlo proprio nel Mediterraneo e proprio in questo momento, lascia presupporre che lo facciano per questo motivo”. In particolare, ha rimarcato il generale, “i russi vogliono che l’offensiva dell’Esercito siriano che dovrebbe scattare a breve su Idlib, abbia il massimo effetto possibile”.

IL DETERRENTE CONTRO UN ATTACCO CHIMICO FAKE

A ciò si somma l’intenzione, già spiegata nei giorni scorsi dal ministero della Difesa russo, di evitare che i ribelli possano inscenare un attacco chimico. “Da Mosca – ha ricordato Bertolini – sono arrivate ripetutamente anticipazioni circa la possibilità che nella provincia di Idlib si stia preparando la messa in scena un attacco fake con i gas, del quale imputare Assad al fine di giustificare un intervento americano francese e inglese come l’ultimo”. L’esercitazione russa svolge dunque anche “questo ruolo di deterrenza”.

L’EFFETTO DI UN’EVENTUALE ESCALATION

L’Italia guarda lo svolgersi degli eventi con particolare attenzione, soprattutto in virtù della presenza dei nostri militari nei Paesi confinanti di Libano (circa 1.100 militari italiani partecipano alla missione Unifil) e Iraq (la missione Prima Parthica può oggi contare su circa 1.400 militari). Per gli italiani, ha spiegato Bertolini, “una crisi limitata ad Idlib avrebbe un impatto piuttosto relativo”. Eppure, “sappiamo benissimo che il baricentro del problema non è la presenza a Idlib dello Stato islamico o di al Nusra, ma il ruolo dell’Iran in Siria”. Recentemente, il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha offerto “di far sopravvivere il regime in cambio della garanzia del ritiro degli iraniani dal sud e della possibilità di rientrare in Siria per le ricerche di idrocarburi, ma pare che Assad abbia risposto picche”. Così, “nel caso in cui l’offensiva contro Idlib diventasse la scusa per una maggiore pressione in Siria da aprte degli americani e degli israeliani (che pure sono vicini), le conseguenze si potrebbero far sentire anche in Libano, per il semplice fatto che la parte meridionale è la casa della componente sciita e di Hezbollah, vicini a Teheran”.

UNA RISPOSTA USA?

Ma l’attenzione internazionale riguarda anche la possibile reazione statunitense all’esercitazione russa. “Le Marine sono abituate a esercitarsi le une contro le altre, ed è probabile che ha uno show of force russo ne corrisponda anche uno americano”, ha notato Bertolini. “Ci sarebbe da aspettarselo”. Piuttosto, “quello temo è il fatto che a questo show of force in mare possa corrispondere un intervento a terra degli americani, magari dichiarandolo come la risposta a un uso illegale della forza”. In definitiva, ha concluso il generale, “finché le navi navigano non mi preoccupo; il problema arriva quando si fermano e lanciano una bordata di missili”.



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