Rodotà o Amato o Cassese sul Colle ? Per loro, la più calzante definizione l’ha coniata un illustre collega, Ernesto Galli della Loggia, editorialista del “Corriere della Sera”, che li ha definiti “i notabili a dispozione”.
Quando la Patria, e la partitocrazia, chiamano, e quando c’è da presiedere, non gratis, un’Authority, o un carrozzone pubblico, Stefano, Giuliano e Sabino hanno risposto, sempre : presente !.
Prendete Rodotà, cosentino, 80 anni. E’ entrato, per la prima volta, in Parlamento nel lontanissimo 1979. Il docente di diritto civile fece parte di un drappello di professori e “tecnici”, che l’allora segretario del PCI, Enrico Berlinguer, fece eleggere, presentandoli come la dimostrazione dell’apertura del “partitone rosso” alla società civile.
Una volta entrati alla Camera e al Senato, Rodotà e compagni furono collocati nel gruppo degli (in) dipendenti di sinistra, sempre strettamente legati alle indicazioni, o meglio agli ordini, di Botteghe Oscure.
Per un curioso scherzo della politica, se venisse eletto Capo dello Stato, il professore di Cosenza subentrerebbe a Giorgio Napolitano, che lo bruciò sul filo di lana nella sfida per salire sulla poltrona di Presidente della Camera dei Deputati nel 1992. Rodotà reagi’ male a quella “bocciatura”, decretata da Occhetto e D’Alema, e si dimise dalla Camera, tornando a insegnare, con una congrua buonuscita, maturata dopo 4 legislature da parlamentare italiano e una al Parlamento europeo.
Ovvviamente, da “eccellente notabile a disposizione”, il giurista accettò la designazione, anzi la lottizzazione, come Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, restando seduto su quella ben remunerata poltrona per ben 8 anni.
Appare paradossale che Stefano, già parlamentare quando Berta filava e Pannella spinellava, venga designato come candidato al Quirinale dai “nuovisti” del M5S, che dicono di aborrire, direbbe Mughini, i rappresentanti della Prima e della Seconda Repubblica.
Gelidi i rapporti di Rodotà con Napolitano, ma buoni con i capi della sinistra ufficiale, anche se egli non ha mai nascosto, nei suoi articoli, nei suoi libri, tra i quali “Elogio del moralismo”, e nelle sue comparsate in TV, un accentuato “complesso dei migliori” nei confronti dei politici di professione, di tutti gli schieramenti.
Molto orgoglioso, pedante e cattedratico, il padre di Maria Laura, giornalista del “Corriere della Sera”, vede come il fumo negli occhi Silvio Berlusconi e detesta tutti i personaggi vicini al Cavaliere, di cui ha sostenuto, con Flores d’Arcais, l’ineleggibilità al Parlamento, a causa del conflitto di interessi con la titolarità della concessione di 4 reti televisive.
E, mentre con Giuliano Amato, Silvio ha condiviso la stretta amicizia con il defunto Bettino Craxi, il candidato alla Presidenza della Repubblica può contare su un forte legame di vicinanza e sulla stima di Eugenio Scalfari, calabrese come Rodotà e fondatore di “Repubblica”- sulle cui colonne il giurista firma lunghi e pensosi editoriali- certamente dei più accaniti “odiatori” tanto dello scomparso leader socialista quanto di Silvio Berlusconi.
pietro mancini