La valutazione di Fitch, con il pollice verso, con conseguenze drammatiche per la piazzabilità dei titoli del nostro debito e sul sistema bancario, ci danno un altro colpo mortale e fanno prevedere il peggio. I mercati finanziari stanno già punendo l’Italia esattamente da giugno, e nel caso in cui dovesse prevalere l’idea di andare allo scontro frontale con l’Europa e l’individuazione di quest’ultima dell’euro e dei mercati finanziari, come i peggiori dei mali, capri espiatori di tutti i nostri problemi, quando in realtà li abbiamo creati noi, è assolutamente disastrosa. È su questo fronte che l’Italia corre il peggiore dei suoi rischi: creare le condizioni perché il costo e la gestione del suo enorme debito pubblico divengano insostenibili. E ci butta nelle fauci di una congiuntura economica che non solo è frenante, ma accentua il gap con il resto d’Europa e con gli Stati Uniti.
La questione è pratica e va compresa bene: l’aumento dello spread avvenuto dopo la formazione del governo gialloverde, costa all’Italia almeno 4 miliardi di euro in più all’anno, e se il differenziale con i titoli di Stato tedeschi dovesse finire fuori controllo (alcune stime di Bloomberg indicano un repentino aumento almeno fino a 470 punti), i bilanci della finanza pubblica e del settore bancario non sarebbero più sostenibili. E a pagare il conto di uno spread fuori controllo siamo noi cittadini e le nostre imprese, perché lo spread è un parametro strettamente e concretamente legato agli interessi pagati su mutui e prestiti e l’aumento del costo del denaro sarebbe accompagnato anche da una restrizione del credito erogato dal sistema bancario, con il congelamento delle attività produttive e il ritorno della recessione. Si tratta un circolo vizioso con conseguenze pesanti per tutti: maggiore deficit e debito pubblico, nuovi tagli alla spesa pubblica, licenziamenti, disoccupazione e povertà con prezzi pesantissimi per i giovani e le famiglie.
Il primo ministro Conte tra i due Salvini e Di Maio irresponsabili venditori di promesse irrealizzabili, non ha l’intelligenza di salvare non solo il suo onore, ma soprattutto il suo ruolo di presidente del Consiglio, apparendo come sull’orlo di una crisi di nervi, tra il ruolo di mediatore nei contrasti tra i due suoi vicepresidenti, che lo tengono tra due fili tesi alimentati dalla loro bulimia di potere. Troppe le vaneggianti e ignoranti proposte di tagliare le (presunte) pensioni d’oro; il lavoro a tempo determinato; i concessionari autostradali (senza distinguere); Tav, Tap e tutte le infrastrutture (malate di corruzione per definizione); l’Ilva (per la quale è stato inventato il sillogismo “gara irregolare ma non revocabile”). Sofferenti di populismo, giustizialismo, pregiudizio antiscientifico e desiderio di decrescita economica (definita felice, ma in realtà infelicissima) e questo mantra demenziale che individua l’Europa, l’euro e i mercati finanziari come gli untori dell’Italia e le loro proposte giallo verde come le migliori al mondo non è più sopportabile.
L’impeachment va operato e subito perché o prevale la ragionevolezza, che però va dimostrata ora anticipando la nota di aggiornamento al documento di programmazione economico-finanziaria (Def), che altrimenti avrebbe la scadenza del 27 settembre, inserendo in esso gli intendimenti su deficit e debito che poi rappresenteranno l’ossatura della Legge di Stabilità, oppure tanto vale affrontare le incognite di una crisi politica. Pur sapendo che ad oggi non c’è un’ alternativa in piedi se non il commissariamento da parte di Mattarella mettendo a capo del governo il saggio e competente Mario Draghi.