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In Libia c’è l’Italia nel mirino. Le carte di al Sisi e degli Usa. L’opinione di Mercuri

repubblicano macron

Il presidente Emmanuel Macron aveva lanciato una vera e propria bomba a orologeria sulla Libia. La proposta di svolgere le elezioni entro il mese di dicembre, in un contesto destabilizzato, avrebbe scatenato il caos. È risaputo che per fare campagna elettorale, e far valere il loro peso contrattuale all’interno del Paese, molti gruppi libici spingono verso la confusione e il disordine. Il passo verso la violenza è breve. Ora il Paese è in stato di emergenza, 200 persone hanno perso la vita e gli scontri continuano.

In una conversazione con Formiche.net, Michela Mercuri, docente di Paesi mediterranei all’Università di Macerata e autrice del libro Incognita Libia. Cronache di un paese sospeso (Franco Angeli), sostiene che Macron è uno dei colpevoli di ciò che sta accadendo in Libia in questo momento: “Sembra di vivere un copione già visto: la Francia che destabilizza la Libia per distruggere gli interessi italiani. Nel 2011 noi siamo intervenuti in Libia, pagando per condurre una guerra contro i nostri interessi per colpa dei francesi. E ora la Francia sembra volerci ‘scippare’ di nuovo la Libia che – con fatica – abbiamo tentato di ravvicinare all’Italia”.

Mercuri ricorda il tour libico del 2017 del ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, per perorare la causa di Macron che vuole elezioni a dicembre: “L’emissario francese ha incontrato non solo gli esponenti libici presenti al vertice di Parigi del 29 maggio scorso e altri rappresentanti delle istituzioni libiche, ma ha allargato l’agenda ad alti esponenti delle potenti milizie di Misurata. […] Per rendere più convincente la sua proposta, Le Drian ha promesso 850 milioni di euro per aiutare i libici a fare le elezioni, una cifra capace di convincere gli indecisi, e anche di aizzare gli appetiti delle milizie. Uno dei motivi, sicuramente, che ha spinto le milizie a questa recrudescenza degli scontri”.

L’analista ricorda che non si erano registrati episodi simili dal 2014, quando ci furono le cosiddette Operazione Dignità e l’Operazione Alba Libica, che divisero il neonato governo emerso dalle elezioni del 2014 nei famosi due governi di Tripoli e Tobruk: “Un’ondata di violenza di questo genere ci fa pensare che la situazione per certi versi sembra quasi irreversibile. Resta comunque aperta l’ipotesi che possa trattarsi di uno scontro tra milizie, soprattutto per il fatto che la maggior parte di queste milizie lucrava sul traffico di migranti. Negli ultimi anni c’è stata fortunatamente un’inversione di tendenza, un forte calo, che ha tagliato una buona fetta della torta da cui mangiavano molte milizie. Ora è più difficile gestirle con i proventi del petrolio e questo pone un serio dubbio sulla tenuta del governo di Fayez al Sarraj”.

Tuttavia, ci può essere di più. “Questi scontri sono molto violenti – aggiunge Mercuri -. E hanno un obiettivo molto preciso ed è quello di colpire Fayez al Sarraj e i suoi alleati sul terreno e in modo particolare l’Italia”.

La crisi libica di queste ore è di estrema gravità perché compromette l’impegno dell’Italia e in particolar modo il lavoro svolto dall’ambasciatore Giuseppe Perrone: “Richiamare l’ambasciatore in Italia (cosa che non è stata fatta e mi auguro che non venga fatta) segnerebbe indubbiamente la sconfitta dell’Italia nel teatro libico”. Secondo Mercuri l’Italia deve sfruttare tutti i canali diplomatici per cercare di riposizionarsi nel Paese ed evitare di “regalare la Libia a Macron”.

Da dove iniziare? La prima direttrice è interna e si basa sul sostegno alle autorità di Tripoli. Ma anche lavorando per ricompattare quante più milizie possibili intorno ad un progetto comune di stabilizzazione, come è stato fatto fino ad ora. “La nostra conoscenza degli attori locali in questo senso è molto utile – spiega l’analista – per dare vita a un accordo con i gruppi con cui si può dialogare ed escludere le istanze più estremiste”.

Per Mercuri, la seconda direttrice riguarda il lavoro con la comunità internazionale: “L’Italia ha una carta importante che è quella di Al-Sisi. Ultimamente  si sono susseguiti viaggi di esponenti italiani in Egitto e si è parlato di Libia, ma soprattutto di grandi affari economici. Si parla di un’ulteriore scoperta di gas da parte dell’Eni che potrebbe arrivare a derogare 700mila metri cubi di gas al giorno. Credo che sarebbe importante per l’Italia giocare la carta economica per convincere Il Cairo. […] E poi ci sono gli Usa. La Libia non è in cima alle priorità del governo americano però il terrorismo sì. Una destabilizzazione delle coste libiche non può che comportare rischi. Questo può essere un buon argomento per l’Italia per cercare di convincere gli americani a stare dalla nostra parte”.



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