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Così le banche (centrali e non) corrono ai ripari sull’oro

La caduta verticale del prezzo dell’oro ha messo in allerta Wall Street. Morgan Stanley, riporta Business Insider, è stata una delle banche che ha investito di più in oro. La tesi? Il lingotto è l’asset più attraente per gli investimenti sui mercati delle materie prime. Circa un anno fa, gli analisti di Morgan Stanley hanno spiegato che i “quattro pilastri” del mercato dell’oro avrebbero fatto lievitare il suo prezzo fino a 2,175 mila dollari l’oncia prima della fine del 2013. Questi i pilastri:
1) l’aumento della domanda di investimenti;
2) la vendita controllata di riserve auree da parte delle banche centrali, e la crescita degli acquisti degli Emergenti;
3) i relativi buy-back;
4) la scarsa offerta.

Il retrofront di Morgan Stanley

Ma sull’onda delle recenti vendite, gli analisti guidati da Peter Richardson hanno pubblicato una nota intitolata “Oro: i pilastri che si sgretolano”. “Le vendite dettate dal panico nel mercato dell’oro, a partire dal 12 aprile, hanno tutte le caratteristiche della liquidazione, della cessione senza fine e della resa”, ha spiegato Richardson. “Le cause del crollo del prezzo dell’oro? Secondo noi dipendono dal calo del 10% dei margini del colosso Cme sui futures sul metallo del novembre 2012”.

I motivi del crollo secondo gli americani

Secondo Morgan Stanley tre dinamiche hanno distrutto le loro vecchie tesi: la liquidazione dei titoli Etf (Exchange Traded-fund), la speculazione sulle vendite da parte delle banche centrali e il nervosismo sulla possibilità che la Fed abbandoni presto il suo programma di Quantitative Easing.

Le previsioni per 2013 e 2014

Richardson e il suo team hanno tagliato i loro target sul prezzo a 1,487 dollari per il 2013 (da 1,773) e a 1,563 nel 2014, da 1,845. Cifre che comunque restano lontane dalla soglia toccata oggi, intorno ai 1,370 dollari. Data la grandezza dei volumi scambiati nei mercati dei futures negli scorsi tre giorni, la crescita drammatica degli interessi e l’alta volatilità, evitiamo di delineare una soglia base”, avvertono.

Il panico scatenato dall’affaire Cipro

Cosa è successo? “L’addio allo status di bene rifugio a favore di investimenti più redditizi è solo una spiegazione”, ha scritto Ettore Livini su Repubblica. “A far saltare gli equilibri, dice qualche operatore, è stata Cipro, costretta a mettere all’asta un po’ delle riserve auree per puntellare i coni traballanti delle sue banche. ‘Un’eccezione’ ha messo le mani avanti la Ue, ma i listini non si fidano. E il timore che la stessa ricetta possa essere applicata a Paesi più grandi (la Banca d’Italia ha in cassaforte 2,451 tonnellate d’oro, valore 70 miliardi circa) ha mandato in fibrillazione i trader”.

Le maxi perdite

“Il guru John Paulson, considerato il Messi dei fondi speculativi, ha perso un miliardo in 48 ore – prosegue Livini -. E senza il paracadute degli acquisti di Cina e India, dove il Pil sale meno del previsto, e dello shopping delle banche centrali, nel 2012 ne hanno comprato 536 tonnellate, un record, arginare il crollo è difficile”.

La strategia della Bundesbank

Anche la Bundesbank, “che ha lo sguardo più lungo degli speculatori, sta lavorando dietro le quinte per mettere in sicurezza il suo metallo giallo, e ha chiesto alla Fed di restituirle qualche centinaio di tonnellate di oro del Reno custodito dai tempi della cortina di ferro nei caveau della banca centrale Usa a Manhattan”, conclude.


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