Al quarto scrutinio Romano Prodi è stato affondato.
395 voti contro i 504 richiesti per l’elezione a Presidente della Repubblica. Ma non è questo il dato che colpisce e stordisce. Su 494 votanti del Centro Sinistra, ben in 101 hanno negato il loro voto, consegnandolo chi a Anna Maria Cancellieri, esponente di Scelta Civica, chi a Stefano Rodotà espressione del Movimento 5 Stelle, chi a Massimo D’Alema, outsider sempre presente come il prezzemolo e chi con schede bianche.
Potrei dilungarmi pagine per parlare di questo ennesimo fallimento politico del Centro Sinistra, ma ho le dita ormai stanche e mi limito a fare poche osservazioni, cercando dove possibile di non essere eccessivamente pessimista.
Pluralità e autonomia
I parlamentari sono eletti per rappresentare il popolo italiano e come sancisce la Costituzione, non hanno vincolo di mandato. Questo valeva per i “grillini” quando alcuni hanno votato Pietro Grasso alla Presidenza del Senato, e vale oggi per gli esponenti del PD che non hanno sostenuto Romano Prodi. Ottimisticamente possiamo dire che nel PD c’è una pluralità d’idee e posizioni che può essere motore di cambiamento e autonomia decisionale. Gli eletti sembrano davvero indipendenti. Sarà davvero così?
Patricidio
Si dice che le rivoluzioni vengano fatte con i parricidi e non con i fratricidi. Così sembrerebbe che il PD abbia imboccato la via della rivoluzione. La scelta arbitraria di quei 101 esponenti del Centro Sinistra che non hanno votato per Romano Prodi hanno nel segreto dell’urna optato per l’omicidio politico del loro padre fondatore.
Bersanicidio e Leadership
Ripudiato il padre fondatore, che occorre ricordarlo è comunque una tra le personalità politiche di più alto profilo che si hanno in Italia (anche all’estero Prodi è rispettato per la sua esperienza e il suo impegno) il Centro Sinistra certifica il fallimento totale della leadership del Segretario Pierluigi Bersani che infatti si è dimesso, assieme ad altri big del partito (Rosy Bindi).
Alternative
Il movimento 5 stelle ha piazzato una candidatura davvero difficile per il Centro Sinistra. Stefano Rodotà è riuscito a sparigliare le carte. Avrei giurato che su Romano Prodi il Centro Sinistra si sarebbe compattato, invece, no. In questo caso ci sono solo due strade percorribili:
a) una convergenza su Stefano Rodotà da parte di tutto il Centro Sinistra,
b) con le dimissioni di Pierluigi Bersani e del gruppo dirigente originario, si apre una riflessione seria nel PD e una nuova assemblea sancisce il nome del nuovo segretario e una nuova linea politica per il PD.
Considerazioni
Che un partito non riesca a trovarsi d’accordo sull’elezione di un suo proprio esponente alla più alta carica dello Stato, e non uno qualsiasi, ma il Suo padre fondatore, è incredibile. Questo denota essenzialmente tre cose, secondo me, ovvio:
a) una pluralità disomogenea che non converge su una comune idea di politica,
b) una totale incapacità della leadership del segretario che non è una figura di sintesi tra posizioni differenti,
c) una perpetua incapacità di accordarsi e di comunicare in modo efficace soprattutto all’interno della propria coalizione.
La pluralità di idee e di posizioni sono una ricchezza, ma diventa un freno e un problema, quando la leadership non è adeguata e quando il leader designato non è una figura capace di mettere insieme posizioni divergenti, non è capace di creare una sintesi tra istanze diverse e dunque, quando non è in grado di comunicare, spiegare e immaginare percorsi alternativi.
Con queste elezioni si è decretato il finale inaspettato di questo Partito Democratico. Voglio essere ottimista e dunque dirò che siamo nel giusto cammino, come una fenice adesso, dalle proprie ceneri occorre risorgere. La proposta c’è già e la ho già indicata >> qui << ma sarà difficile vederla realizzata.