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Rocco Casalino e la sacralità del Ferragosto

Rocco Casalino, ci risiamo. Dopo i lunghi coltelli, la sacralità del Ferragosto, messa a rischio dalla tragedia del ponte Morandi di Genova. Posta così, ci sarebbe poco da dire o commentare: davanti alla tragedia, a un bilancio – al momento dell’audio incriminato – ancora non definito, non c’è giustificazione razionale che tenga. Detto che quei messaggi erano strettamente “privati” e non sarebbero mai dovuti uscire dagli smartphone di chi li abbia ricevuti (per banale galateo giornalistico, molto prima che per complicati appelli alla privacy), la sostanza resta devastante. Mi permetto di dire, però, non per l’ovvio e ‘facile’ richiamo al pessimo gusto, all’apparente insensibilità. Piuttosto, per l’assoluto, cosmico, imbarazzante venir meno del senso di ‘gravitas’ istituzionale.

Questo dovrebbe farci molto, molto più male della reazione di pancia. Quello che colpisce non deve essere l’uomo, con le sue naturalissime – per quanto censurabili – debolezze. È l’alto funzionario e rappresentante pubblico, che manca totalmente al suo ruolo. Occupare certe poltrone deve garantire alti emolumenti (tanto per sistemare un’altra recente e surreale polemica sullo stesso Casalino), perché si è pagati per quanto si è chiamati a fare, per le responsabilità che si accettano e per quanto si possa valere, in relazione a tutto questo. Ne rispondi con i risultati e fra i risultati c’è – eccome se c’è – anche COME interpreti il tuo ruolo.

Non coglierne l’elevatissima delicatezza, la gravitas appunto, è inconcepibile. Non voglio neppure cominciare a discutere di cosa veramente abbia provato Rocco Casalino, in quei giorni drammatici, non ho alcun umano motivo per dubitare che si sia davanti a uno sfogo, a una debolezza, a un cedimento. Il punto è che il portavoce della Presidente del Consiglio non ha il diritto a cedimenti, non di questo tipo. Parte del suo lavoro è controllarli, per garantire la pienezza del suo ruolo e della sua utilità al Capo del governo. Viene pagato per questo, è lì per questo. Smettiamola di voler interpretare la realtà e le azioni dei personaggi pubblici, attraverso categorie morali. Il default di Casalino, in questo caso, come in occasione delle durissime parole sulla “vendetta”, è professionale, non morale.

Nessuno di noi può ergersi a censore dell’uomo sotto stress, tutti noi abbiamo diritto a professionisti del massimo livello, nelle leggendarie e in realtà inesistenti “stanze dei bottoni”.



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