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Vi racconto il Nobel all’economia plurale. Con un pensiero (amaro) per l’Italia

Di Maurizio Decastri

È un premio Nobel per l’Economia dedicato alle esternalità, agli effetti che scelte economiche hanno sul “resto del mondo”. E, forse, dedicato alla rilevanza dei temi oggetto di ricerca, oltre che agli autori.

Le esternalità negative di Nordhaus sono quelle prodotte dal cambiamento climatico sull’economia. Le esternalità positive di Romer riguardano gli effetti dell’innovazione sull’economia. Oltre alla differenza “algebrica”, cambia in modo significativo il perimetro di efficacia: le esternalità negative sono “plurali”, si possono combattere solo insieme, con politiche e regole omogenee e valide su tutto il globo. Le esternalità positive possono invece essere “singolari”, ossia possono essere prodotti da una comunità isolata e divenire un fattore competitivo.

Nordhaus è l’economista paladino delle esternalità negative dell’economia sul clima e, conseguentemente, della rilevanza economica dell’ambiente e delle sue dinamiche (attualmente) negative. Economia e ambiente sono due “pezzi del mondo” legati da una forte interdipendenza reciproca e sperare di avere effetti su uno dei due, senza toccare l’altro è impensabile. Il modello proposto consente di capire come il cambiamento climatico influenza l’economia e di simulare l’andamento economico al variare del clima.

Ne consegue una sorta di “algoritmo logico” che permette di prevedere gli effetti delle scelte economiche che tendono a ridurre il consumo di combustibili inquinanti (ad esempio, la carbon tax). La riduzione dell’inquinamento non può che passare da regole di tassazione globali, applicate uniformemente sulla superficie della terra, da tutti i paesi, insieme. Tema “caldo”, studi rigorosi, modelli che sono entrati nelle logiche collettive. Non ancora a sufficienza e non ancora in modo uniforme nella geografia mondiale. L’esigenza di uniformità è di fatto il limite del suo pensiero nella versione applicativa.

Romer ha dimostrato come l’innovazione e i processi di costruzione di conoscenza sono la vera ricchezza di una comunità e il suo principale fattore di crescita. Dal capitale economico di marxiana memoria al capitale di competenze: investire in competenze ha un valore superiore all’investimento nei tradizionali beni strumentali. Investimenti in capitale umano, in innovazione, in competenze divengono la vera base dello sviluppo economico e della competizione internazionale: i “migliori” sanno investire in conoscenza e fanno del suo sviluppo il fattore di successo competitivo nazionale. Gli studi che ne sono derivati hanno amplificato la rilevanza delle politiche per lo sviluppo della conoscenza e dei processi innovativi ai fini dello sviluppo economico. L’innovazione diviene così il fattore endogeno che determina la crescita e che produce benefici diffusi e “pubblici”, che producono utilità collettiva.

Perché un premio a due economisti apparentemente diversi e lontani? Il territorio comune è la valenza sociale dei loro studi. Entrambi portano a valorizzare le politiche pubbliche, la regolazione, le politiche economiche. In un mondo che vede trionfare il “singolare sul plurale”, in cui l’individuo e la sua libertà paiono rilevare di più del benessere collettivo, in cui sovranità nazionale e “fare da soli” sono desideri in forte espansione, il richiamo all’utilità e all’indispensabilità delle politiche collettive è forte e chiaro. Non è un messaggio che contrasta le logiche di mercato, bensì un solido suggerimento a “non lasciare solo” il mercato. Lavorare sul clima e sull’innovazione consente al mercato di essere più efficiente e a non produrre effetti non desiderati.

Non può che restare un pensiero amaro per la politica italiana, il suo clima, i suoi centri di produzione di innovazione. Non è certo un paese che ha capito bene il valore del capitale di conoscenza e dei processi di innovazione, lasciati all’iniziativa casuale e alla passione testarda di pochi. Un paese purtroppo ancora “orgogliosamente singolare”….



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