Caro direttore, che cosa rimane di un tranquillo weekend di politica 2.0, di imbecilli in piazza che affettano mortadelle, di monetine lanciate stile Raphael di antica triste memoria e, soprattutto, di un pericoloso demiurgo “aizza ingenui” che considera la democrazia come una forma di governo dove la sovranità debba appartenere… solo a lui?
Sarebbe facile oggi archiviare i giorni che hanno portato all’elezione bis di Giorgio Napolitano come l’ennesima sconfitta dell’attuale rappresentanza parlamentare, ovvero di quel mix di pseudo innovazione, impreparazione e confusione scaturita dalla tornata elettorale dello scorso febbraio. Ancor più facile infierire su di un partito e sulle incomprensibili non decisioni del suo leader: destino beffardo quello di Bersani, persona onesta ma sprovvista di quel carisma necessario per essere leader di una maionese di cultura comunista e filo cattolica che, alla prima prova dei fatti, è impazzita di fronte alle proprie evidenti contraddizioni. Troopo facile, quindi inutile.
Per noi cittadini, al contrario, è più difficile fare un esame di coscienza. Sarebbe per noi ipocrita puntare il dito verso l’impotenza dei nostri rappresentanti senza chiederci se non è invece l’assetto della Repubblica, ovvero le sue regole costituzionali, data la frammentazione dell’elettorato, siano ancora adeguate per esprimere una forma di governo che possa finalmente occuparsi dei problemi reali di un Paese oramai in ginocchio. Salvo rare eccezioni, abbiamo continuato imperterriti a parlare della “più bella del mondo”, dell’unico faro e pilastro della Repubblica, senza renderci conto che i principi ispiratori della Carta si basavano sulla paura dei costituenti che mai più potesse ripetersi un ventennio dittatoriale che portò alla tragedia del conflitto bellico e della guerra civile. Le buone intenzioni di allora rischiano oggi, paradossalmente, di portare proprio all’avvento di un nuovo regime autoritario: purtroppo la storia ci insegna che è l’epilogo di un combinato disposto di recessione economica e forti tensioni sociali.
Quindi, indipendentemente dagli incerti esiti sulla formazione del nuovo governo che nascerà a seguito dell’elezione storica di Napolitano, che rimane probabilmente la migliore nella peggiore delle situazioni rappresentative, l’auspicio è che si abbia il coraggio di riconoscere i limiti evidenti della legge fondamentale dello Stato per quanto riguarda i poteri dell’organo amministrativo e vi si ponga rapido rimedio.
Da oggi è inutile negare che il “peso” del nuovo Presidente prevarica di fatto quelle che sono le responsabilità e prerogative che la Carta gli attribuisce, rendendolo una sorta di padre saggio della Nazione che vigila e dirige dal Colle l’operato dei rappresentanti del popolo indisciplinati e litigiosi, i quali, quantomeno, rieleggendolo hanno acclarato i loro limiti ed incapacità.
Siano allora i cittadini a scegliersi il loro Presidente, la loro guida e il loro capo dello Stato che governi il Paese senza i lacci e i troppi limiti operativi che un eccesso di democrazia impone: che sia proprio questa la miglior forma di democrazia possibile e sostenibile? Penso di sì: personalmente, non vorrei rimpiangere la monarchia ereditaria.