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Visual data per la Pubblica amministrazione del futuro?

Di Fabio Malagnino
visual data

Viviamo in un mondo di dati. La diffusione di servizi online, sensori, dispositivi mobili, contenuti generati dagli utenti e iniziative opendata sta dando accesso a una quantità di dati mai vista prima. Nell’era digitale, i dati svolgono un ruolo centrale nella vita quotidiana e noi stessi, con le nostre azioni e stili di vita, siamo diventati parte e “produttori” di questi dati. Pensiamo a come ogni giorno utilizziamo i dispositivi tecnologici per tenere traccia di tutto: da quante miglia corriamo a quante calorie mangiamo o quanto tempo passiamo davanti a uno schermo.

I dati condivisi da social network, fonti di notizie, archivi, ricerca scientifica, istituzioni governative, case intelligenti, edifici, industrie e città sono, nella maggior parte dei casi, disponibili per tutti da scaricare e utilizzare. Secondo il professor Rasetti, presidente della Fondazione Isi di Torino, si stima che nel mondo circolino più o meno liberamente 6 zetabyte di dati. Per dare un’idea dell’enormità: se a ogni byte corrispondesse un granello di sabbia, staremmo parlando di tutti i granelli di sabbia della Terra, moltiplicati per 75.

Tuttavia, mentre questo tipo di tecnologie e la sua comprensione rischiano di rimanere relegati a un mondo di super specialisti, la visualizzazione è uno strumento sempre più fondamentale e partecipativo per dare un senso ai trilioni di righe di dati generati ogni giorno.
Lo sviluppo di strumenti di rappresentazione visuale dei dati può quindi rivelarsi fondamentale e in grado di fornire un’interfaccia tra dati e persone al fine di trasformare i numeri grezzi in informazioni e conoscenze utili, consentendo di esplorare set di dati altrimenti eccessivamente complessi.

La visualizzazione dei dati aiuta a raccontare storie organizzando e rappresentando le informazioni in una forma più fruibile e immediata, evidenziando tendenze, valori, cambiamenti. Una buona visualizzazione racconta una storia, rimuovendo il “rumore di fondo” dai dati e evidenziando le informazioni utili. Questo è ancora più vero in contesti di comunicazione delle politiche e delle decisioni pubbliche, nell’analisi del contesto sociale e nel racconto dei nostri territori.

Se i dati ci aiutano a prendere decisioni migliori per le nostre vite personali, rendendo facile vedere e quantificare le nostre abitudini, immaginiamo di applicare la stessa logica ai governi, consentendo alle loro comunità di comprendere e partecipare all’amministrazione. Alcuni esempi, in conclusione. La designer Lisa Borgenheimer, per esempio, ha lavorato con la comunità di Malles, in Alta Val Venosta, a un progetto di democrazia partecipativa che condivide con la comunità i dati sul budget annuale del Comune, permettendo ai cittadini di partecipare attivamente al processo decisionale su come e dove vengono spesi i loro soldi.

In un mondo in fermento, pieno di demagogia e dove è sempre più difficile distinguere tra notizie vere e notizie false (o falsamente percepite), la visualizzazione dei dati può anche aiutare le persone a comprendere meglio i fatti e gli eventi che danno forma alla società che li circonda. Questo perché i dati rappresentano informazioni fattuali, privi di opinioni politiche. Con l’aiuto di designer, datajournalist, analisti dati, visual storyteller, possiamo avere a disposizione strumenti potentissimi per fronteggiare disinformazione, notizie false e condurre il pubblico alla comprensione di fenomeni complessi in modo razionale e oggettivo modo, sradicando alla fine false convinzioni. È quanto è riuscito a fare il progetto La Repubblica Popolare di Bolzano di Matteo Moretti che, grazie ai dati e a un linguaggio visivo appropriato, combatte contro la convinzione degli abitanti di un’imminente “invasione” cinese nella città di Bolzano.

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