Viviamo in un mondo di dati. La diffusione di servizi online, sensori, dispositivi mobili, contenuti generati dagli utenti e iniziative opendata sta dando accesso a una quantità di dati mai vista prima. Nell’era digitale, i dati svolgono un ruolo centrale nella vita quotidiana e noi stessi, con le nostre azioni e stili di vita, siamo diventati parte e “produttori” di questi dati. Pensiamo a come ogni giorno utilizziamo i dispositivi tecnologici per tenere traccia di tutto: da quante miglia corriamo a quante calorie mangiamo o quanto tempo passiamo davanti a uno schermo.
I dati condivisi da social network, fonti di notizie, archivi, ricerca scientifica, istituzioni governative, case intelligenti, edifici, industrie e città sono, nella maggior parte dei casi, disponibili per tutti da scaricare e utilizzare. Secondo il professor Rasetti, presidente della Fondazione Isi di Torino, si stima che nel mondo circolino più o meno liberamente 6 zetabyte di dati. Per dare un’idea dell’enormità: se a ogni byte corrispondesse un granello di sabbia, staremmo parlando di tutti i granelli di sabbia della Terra, moltiplicati per 75.
Tuttavia, mentre questo tipo di tecnologie e la sua comprensione rischiano di rimanere relegati a un mondo di super specialisti, la visualizzazione è uno strumento sempre più fondamentale e partecipativo per dare un senso ai trilioni di righe di dati generati ogni giorno.
Lo sviluppo di strumenti di rappresentazione visuale dei dati può quindi rivelarsi fondamentale e in grado di fornire un’interfaccia tra dati e persone al fine di trasformare i numeri grezzi in informazioni e conoscenze utili, consentendo di esplorare set di dati altrimenti eccessivamente complessi.
La visualizzazione dei dati aiuta a raccontare storie organizzando e rappresentando le informazioni in una forma più fruibile e immediata, evidenziando tendenze, valori, cambiamenti. Una buona visualizzazione racconta una storia, rimuovendo il “rumore di fondo” dai dati e evidenziando le informazioni utili. Questo è ancora più vero in contesti di comunicazione delle politiche e delle decisioni pubbliche, nell’analisi del contesto sociale e nel racconto dei nostri territori.
Se i dati ci aiutano a prendere decisioni migliori per le nostre vite personali, rendendo facile vedere e quantificare le nostre abitudini, immaginiamo di applicare la stessa logica ai governi, consentendo alle loro comunità di comprendere e partecipare all’amministrazione. Alcuni esempi, in conclusione. La designer Lisa Borgenheimer, per esempio, ha lavorato con la comunità di Malles, in Alta Val Venosta, a un progetto di democrazia partecipativa che condivide con la comunità i dati sul budget annuale del Comune, permettendo ai cittadini di partecipare attivamente al processo decisionale su come e dove vengono spesi i loro soldi.
In un mondo in fermento, pieno di demagogia e dove è sempre più difficile distinguere tra notizie vere e notizie false (o falsamente percepite), la visualizzazione dei dati può anche aiutare le persone a comprendere meglio i fatti e gli eventi che danno forma alla società che li circonda. Questo perché i dati rappresentano informazioni fattuali, privi di opinioni politiche. Con l’aiuto di designer, datajournalist, analisti dati, visual storyteller, possiamo avere a disposizione strumenti potentissimi per fronteggiare disinformazione, notizie false e condurre il pubblico alla comprensione di fenomeni complessi in modo razionale e oggettivo modo, sradicando alla fine false convinzioni. È quanto è riuscito a fare il progetto La Repubblica Popolare di Bolzano di Matteo Moretti che, grazie ai dati e a un linguaggio visivo appropriato, combatte contro la convinzione degli abitanti di un’imminente “invasione” cinese nella città di Bolzano.