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Perché il Pentagono pensa di fare fuori la Turchia dal programma F-35

Medio Oriente

L’acquisizione del sistema russo S-400 per la difesa missilistica da parte di Ankara non va giù agli Stati Uniti. Dopo i numerosi avvertimenti, il Pentagono ha presentato al Congresso un report per valutare se e come bloccare le future consegne di F-35 alla Turchia.

L’F-35 NELLA “QUESTIONE TURCA”

Il caccia di quinta generazione, che secondo gli attuali programmi i turchi dovrebbero acquistare in 100 esemplari, è già stato al centro del dibattito sull’S-400 negli Usa. A giugno, il Senato americano aveva discusso l’ipotesi di stoppare l’imminente consegna dei primi esemplari del Joint Strike Fighter, al fine di mandare un segnale deciso a Erdogan, impegnato ormai da anni in un progressivo avvicinamento a Vladimir Putin. La questione è duplice, strategica e operativa. Dal primo punto di vista, gli Stati Uniti non possono accettare che un partner fondamentale della Nato acquisisca sistemi militari dal loro principale avversario, anche perché ciò certificherebbe la perdita della capacità americana di influenzare le scelte di Ankara. Dal secondo punto di vista, invece, Washington denuncia l’impossibilità di integrare l’S-400 nel sistema di difesa transatlantico, nonché l’eventualità che tale consegna permetta ai russi di carpire preziosi segreti sul caccia americano, il più avanzato al mondo.

LE RICHIESTE DEL CONGRESSO

Da qui, l’ipotesi di sospendere le consegne del velivolo al sovversivo alleato. Il problema, si affermava in linea di massima al Congresso in estate, è che le consegne di sistemi militari a clienti stranieri sono una cosa complicata, soggetta a numerose valutazioni che comprendono anche il ruolo di alcune industrie turche nel programma. Per questo, spiegava il senatore repubblicano Thom Tillis, si invitava il dipartimento della Difesa a elaborare “un piano per rimuovere il governo della Repubblica di Turchia dalla partecipazione al programma F-35”, oltre ad indicare con precisione “i costi associati alla sostituzione di strumenti e altri materiali manifatturieri detenuti dall’industria turca”.

LO SCIVOLAMENTO A EST DI ANKARA

Il report del Pentagono è ora arrivato. Mancano i dettagli specifici, ma si certifica che se l’acquisto dell’S-400 venisse concluso a tutti gli effetti, i rapporti con la Turchia potrebbe cambiare radicalmente, facendo uscire definitivamente il Paese dal sistema euro-atlantico. L’ufficializzazione dell’accordo con la Russia sul sistema di difesa aerea (che Mosca utilizza abilmente come arma diplomatica) era arrivata a dicembre 2017. Era solo la formalizzazione di una distanza ormai incolmabile tra Ankara e Washington, apertasi a luglio del 2016 con il tentativo di golpe in Turchia e con il repulisti che ne è seguito. E mentre questa distanza cresceva tra incomunicabilità e incomprensioni, si riduceva quella tra Ankara e Mosca, con Vladimir Putin pronto a tendere la mano a Erdogan e a dimenticare in fretta l’abbattimento del Sukhoi russo sul confine siriano, a fine 2015, da parte di due F-16 decollati dalla base aerea Nato di Incirlik, in Turchia. Per il presidente russo, l’opportunità di inserire una fastidiosa spina nel fianco dell’Occidente era troppo allettante.

IL REPORT DEL PENTAGONO

Il report, ha detto a Reuters il capo delle acquisizioni del Pentagono Ellen Lord, “mostra semplicemente la situazione in cui siamo”. Ora, ha aggiunto, “dobbiamo lavorare col Congresso per decidere dove andare; ci sarà una forte partnership con i legislatori”. L’impressione è che gli Stati Uniti sperassero di risolvere la questione molto prima, senza essere costretti ad arrivare alla sospensione vera e propria per la Turchia. Eppure, Ankara è stata inamovibile, confermando a più riprese di voler proseguire con l’acquisto dell’S-400, anche di fronte alla proposta americana dei Patriot. I primi sistemi russi dovrebbero essere installati nel territorio turco a ottobre del prossimo anno, quando Ankara dovrebbe aver già ricevuto il terzo e quarto F-35. I primi due JSF sono già stati consegnati; attualmente si trovano in Arizona, presso la base Air Force di Luke, dove si stanno addestrando i piloti turchi.

LA SPONDA INGLESE

Nel frattempo, è invece il Regno Unito ad accogliere altri velivoli del programma Joint Strike Fighter. L’accordo preliminare siglato nei giorni scorsi dal Pentagono con Lockheed Martin per i lotti di produzione 11, 12 e 13, comprende anche 17 F-35 diretti ai britannici (che ne prevedono in tutto 138). Ad annunciarlo “con piacere” è stato lo stesso ministro della Difesa Gavin Williamson. “Raddoppieremo la dimensione della nostro forza F-35 in una flotta formidabile di 35 caccia stealth”, ha detto al Sun. “Le nostre Forze armate e l’industria stanno giocando un ruolo di primo piano nel programma”, mentre “stiamo costruendo una capacità rivoluzionaria che sarà presto pronta per l’azione in prima linea”. Il programma, ha aggiunto il ministro, “darà una spinta immensa pari a 35 miliardi di sterline all’economia britannica; e sarà una buona notizia per le nostre aziende che molti altri jet sono pronti per la produzione”.



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