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Phisikk du role – Primarie, oh oh… Catalogo degli obiettivi collaterali

primarie

I cultori della materia potranno tra poco soddisfare la loro originale passione scientifica catalogando le candidature alle primarie del Pd, così da poter distinguere finalmente i veri competitors dagli altri di contorno.

Così dopo il fratello di Montalbano, l’allievo emancipato di D’Alema, il dioscuro riluttante di Matteo Renzi e la pattuglia dei gregari, si saprà se, per esempio, Martina se ne va davvero oppure pensa di recuperare a suo vantaggio le risorse impegnate nel partito nell’interregno. E sapremo (forse) che cosa intende esattamente Renzi con i suoi comitati civici di protodemocristiana memoria. Si può essere pro o contro questo sistema di selezione della dirigenza di un partito – in altre democrazie utilizzato specialmente per scegliere le candidature nelle assemblee elettive – ma, una volta adottato, bisogna essere rigorosi nella sua applicazione, evitando di disperderne il valore per il raggiungimento di obiettivi traversi.

E non è solo il tema, dirimente, delle primarie “chiuse”, cioè riservate solo agli iscritti del partito, o “aperte”, vale a dire capaci di coinvolgere anche i cittadini non iscritti e non militanti, dietro pagamento di un obolo simbolico e sottoscrizione di un rigo pro forma di adesione ai programmi: è chiaro che l’una o l’altra scelta cambiano notevolmente la platea elettorale, esponendo, teoricamente, nella seconda ipotesi, le primarie ai raid di altri soggetti politici per alterarne il risultato. Ma c’è anche la cospicua esperienza dell’uso delle primarie per cogliere obiettivi collaterali, diversi dal risultato della vittoria finale.

Per capirci: per quale motivo può candidarsi il signor Dario Corallo (nella foto), che partecipa alla tenzone come neo rottamatore, sapendo di avere chances di conquistare la segreteria nazionale del Pd statisticamente pari a quelle di vincere un gratta e vinci milionario? Per avere una vetrina mediatica altrimenti impossibile da recuperare? Ci sta, certo. Ma questo ci porta direttamente al catalogo degli obiettivi collaterali delle primarie all’italiana, invenzione dell’esprit veltronianio degli anni d’oro. Primarie che, storicamente, si sono molto nutrite di sottoprodotti finalistici, talvolta addirittura gli unici a tenere banco nella kermesse, come in occasione della scelta di Romano Prodi a candidato alla presidenza del consiglio per il centro-sinistra. In quel caso non c’era partita: si sapeva dall’inizio che Prodi avrebbe vinto e con un grande vantaggio su tutti.

Ma le primarie “di coalizione” servirono ai candidati per altri obiettivi. Quali? Innanzitutto posizionamento delle bandiere identitarie e poi per staccare un bonus utile ad ottenere le candidature al parlamento e per prenotare una partecipazione ad eventuali governi di coalizione. È chiaro, un risultato magro alle primarie non aiuta a soddisfare le ambizioni del candidato, ma la partecipazione, ancorché perdente, di per sé è garanzia di un risarcimento politico futuro. Sotto forma almeno di seggi in parlamento, visto che ormai da tempo le liste sono bloccate ed anche i collegi uninominali vengono conquistati non per il candidato che c’è dentro, ma solo per il partito o la coalizione che lo ospita.

Queste sono state le primarie italiane finora: più spesso usate per il conferimento della legittimazione plebiscitaria al vincente (Prodi in coalizione, Renzi nel partito). Quando, invece, confronto c’è stato, si è svolto solo tra due candidati mentre la partecipazione degli altri era garantita per il perseguimento di obiettivi secondari, tipo ricerca di visibilità, conta dei voti per contare nel partito, ticket per candidature alle politiche e, in caso di risultato soddisfacente, biglietto per il governo.

E come si può criticare, allora, il signor Dario Corallo, neo-rottamatore, di aver gettato il suo nome nella grande kermesse? Non si può che augurargli tutto il bene del mondo.


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