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Phisikk du role – Il sovranismo psichico del Censis

Dobbiamo essere grati ai ricercatori del Censis per la fulminante creatività lessicale che in un amen ci racconta quello che siamo, cogliendo di noi quell’essenza liofilizzata che è nell’aria e che forse percepiamo ma che non sappiamo dire con parole nostre. Il “sovranismo psichico” inteso quasi come categoria junghiana piuttosto che politica, è dunque secondo il Censis la nostra cifra di italiani frustrati, prima intrappolati nelle fascinazioni di chi ci ha promesso il cambiamento dei miracoli e a cui siamo rimasti aggrappati come alla scialuppa galleggiante dalle parti del Titanic, e poi trafitti dalla verità indicibile: la scialuppa era così sgarruppata da colare a picco pure lei.

Allora, per rimanere ancora dalle parti della psiche, siccome il calo dell’autostima, collegato direttamente al fallimento delle nostre scelte, è cosa brutta per la nostra salute mentale, cerchiamo di scaricare la responsabilità di tutto quel che accade ad un capro, perché non sia mai che il nostro investimento in politica abbia potuto essere un errore. Il capro sono gli immigrati, espiatori perfetti delle colpe collettive, dalla disoccupazione alla criminalità, dal furto di welfare alla disgregazione della società italiana.

In dettaglio: 63 italiani su cento giudicano l’immigrazione un fatto negativo, il 58% di loro è convinto che gli immigrati ci rubino posti di lavoro (ma gli imprenditori che la pensano così sono solo il 23%), addirittura il 75% imputa loro di far salire oltre ogni limite il rischio criminalità, e quasi il 60% esclude del tutto qualsiasi possibilità di stabilire un decente livello di rapporti tra etnie e culture diverse oggi ma anche nel prossimo remoto futuro. A proposito di futuro, peraltro, l’italiano contemporaneo non sembra aspettarsi niente di buono nel tempo che verrà (il 96% con basso titolo di studio e l’86% con basso reddito la pensa così), convinto com’è che la condizione di vita dei propri genitori sia stata largamente migliore di quella vissuta oggi (il 77% ).

Nel pantheon dei capri espiatori, naturalmente, ci sta l’Europa e la mancata difesa di interessi e identità italiana da parte delle èlite al potere(il 63,3% la pensa così), mentre si gonfia il già pesante catalogo delle idiosincrasie irriducibili contro i Rom (il 69,7% li vuole lontani) e reclama maggiore protezione contro alcolizzati e tossicodipendenti (69,4%). L’appello alla paura, anche questo un evergreen della psicologia sociale che funziona sempre, si intride di pessimismo ossianico: solo un terzo degli intervistati è disposto a dichiarare qualcosa di coniugabile con l’idea che, insomma, non tutto poi è così terribile. Insomma sovranismo psichico in una notte illune.

Talmente buia da non credere neppure un po’ che le cose stanno cambiando col nuovo “governo del popolo”: il 56% dice che è bugia. Un contesto, dunque, molto speciale, dove lo scambio tra governanti e governati si può dire abbia trovato la sua cifra ideale intorno alle medesime idiosincrasie. A questo punto ha poca importanza sapere se sono stati i governanti a seguire l’istinto del popolo o questo a farsi ammaestrare dai governanti. Di certo regna la depressione. Dove andare a raccogliere un po’ di energia positiva in questo clima greve che, oltre ad aver avvolto e impacchettato un intero paese ha come pietrificato le opposizioni?

Forse può aiutare uno scritto che giunge da un futuro assai lontano: è del 1945. L’autore è Luigi Einaudi che il 3 gennaio pubblicava su “Risorgimento Liberale” un articolo dal titolo “Contro il mito dello Stato Sovrano”. Un ragionamento illuminante, che aveva il coraggio di guardare in quel tempo ancora segnato dal dolore di una guerra devastante appena finita, allo stato federale europeo. Un antidoto efficace contro il sovranismo psichico.

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