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Phisikk du role – Salvini, Di Maio e le imprese. Consultazioni di lotta e di governo

matteo

Ieri il ministro dell’Interno ha incontrato al Viminale una folta rappresentanza dell’imprenditoria italiana associata. 14 sigle, da Confindustria a Confapi, a Coldiretti, a Confagricoltura, Confcommercio, Confcooperative e tante altre Conf. che chi più ne ha più ne metta, sono state ricevute da Salvini e dal sottosegretario alla presidenza per discutere insieme di che cosa? Ordine pubblico, criminalità nelle aree metropolitane, estorsioni e pizzo che violentano l’impresa da Milano a Lampedusa (citata non per i migranti ma perché è il posto più a sud, nda)? Niente di tutto questo.

Gli imprenditori si recavano al Viminale per parlare di economia, tasse, sviluppo, impresa, cinque minuti cadauno. A che titolo il ministro dell’Interno, nonché vice- presidente del Consiglio, parlava di queste importanti questioni dalla sua postazione viminalizia? Come capo politico delegato a rappresentare l’intera compagine di governo, parrebbe, altrimenti la materia, di pertinenza del collega vice-presidente Di Maio, non avrebbe avuto motivo di essere discussa in quella sede, con tanto di trombe mediatiche e gif animate sui social.

Sennonché il collega Di Maio ha annunciato che domani incontrerà la stessa nutrita delegazione che, come la processione che segue la Madonna Pellegrina, si recherà da lui medesimo presso il ministero delle Attività Produttive (seconda delega Lavoro) per replicare la performance. Di suo, il presidente del Consiglio Conte ci fa sapere che oggi avrebbe incontrato i sindacati dei lavoratori. La domanda sorge spontanea: ma non facevano prima a incontrarli tutt’insieme, visto che si tratta dello stesso governo il cui modus operandi sarebbe minuziosamente regolato sulla base del mitologico “contratto”?

Forse no. Perché forse non l’abbiamo capito, ma l’andamento dell’azione di governo si articola attraverso linee di frattura inevitabili che non riguardano tanto i contenuti quanto la comunicazione. In realtà, sono in conflitto due squadre di comunicatori con l’obiettivo di conquistare l’egemonia nell’evidenza pubblica. Certo, ad applicare le chiavi di lettura di una volta, verrebbe da dire che il contrasto tra la visione destrorsa della Lega e quella spruzzata da istanze sinistrorse del Movimento di Grillo, non avrebbe potuto generare che un conflitto ideologico irrimediabile, coerente, peraltro, con la diversa rappresentanza che i due soggetti politici esprimono della società italiana. Ma sarebbe questa una lettura non pienamente legittima. Perché quella divisione ideologica è fittizia e, comunque solo parziale, perché parziale e non più attuale è la divisione censuaria delle classi sociali: un solo corpaccione antropologicamente permeato da suggestioni emotive e da rabbia perenne, tiene il campo su tutto. Allora quella che può apparire una cacofonia istituzionale – le parti sociali che fanno il giro dei santuari del governo non per incontrare le competenze ministeriali, ma per interloquire coi singoli leader – può raccontarsi come una novità del governo del contratto. Dai contraenti capricciosi e un po’ narcisi.


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