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Come cambiano le missioni internazionali. Il punto del ministro Trenta

Dall’aula di Montecitorio è arrivato l’atteso via libera alla proroga per le missioni internazionali, un impegno che coinvolge più di seimila militari in 23 Paesi. Sebbene il documento riguardi l’ultimo trimestre di quest’anno, ormai agli sgoccioli, sono presenti indicazioni sulle intenzioni del governo per il pacchetto missioni per il 2019. Non ci saranno sconvolgimenti e tutte le alleanze saranno rispettare, ha assicurato in aula il ministro della Difesa Elisabetta Trenta. Eppure, una rimodulazione ci sarà, con un ridimensionamento dei contingenti in Afghanistan e Iraq, e un maggior riguardo alle sfide del nord Africa.

UNA PROROGA IN RITARDO

La Camera dei deputati ha approvato la proroga per le missioni internazionali relativa all’ultimo trimestre dell’anno. Oltre alla nuova missione di training in Iraq, lanciata dall’Alleanza Atlantica nel corso del summit dello scorso luglio a Bruxelles, tutti gli impegni all’estero vengono confermati, decisione inevitabile essendo giunti a pochi giorni dalla fine del periodo a cui la proroga si riferisce. La copertura giuridica e finanziaria per gli impegni oltre i confini nazionali era difatti scaduta a fine settembre. Che la proroga tardasse ad arrivare era già successo in passato, complice questa volta anche il cambio di governo in primavera. Il voto favorevole della Camera segue la discussione avvenuta nelle commissioni Esteri e Difesa, in parallelo a quanto avvenuto anche in Senato, dove lo scorso giovedì era arrivata l’approvazione all’unanimità per il Documento XXV n. 1 e il Documento XXVI n. 1, rispettivamente riferiti alla valutazione sulle missioni internazionali fino al 30 settembre 2018 (anche al fine della proroga per l’ultimo trimestre dell’anno) e alla nuova missione di addestramento in Iraq, deliberata dal Consiglio dei ministri a fine novembre.

MANTENERE GLI IMPEGNI

Nel suo intervento a Montecitorio, il ministro Trenta ha ribadito (come “chiaramente descritto nelle mie linee programmatiche”) che l’azione del governo è tesa a mantenere “il ruolo di primo piano che l’Italia ricopre e che tutti ci riconoscono”. Ciò significa che proseguirà “il nostro sforzo per dare risposte e fronteggiare le diverse minacce che, direttamente e indirettamente, riguardano gli interessi del Paese”. Accanto al rispetto degli impegni e delle alleanza internazionali, c’è però l’intenzione (ribadita più volte) di rimodulare la postura militare del Paese. “C’è già stato un tempo in cui abbiamo sentito parlare di riduzioni, di spostamento dei nostri interessi e di diverse gravitazioni della nostra presenza militare”, ha detto il ministro in aula. “Oggi, per me, è il tempo di lasciare da parte le dichiarazioni di intenti e iniziare a mettere in pratica quello che molte volte è stato lasciato alle pagine dei documenti”.

LA LINEA DEL GOVERNO

Queste azioni si possono vedere “al loro stadio iniziale già nel provvedimento all’esame oggi in quest’aula”, ha notato la Trenta, facendo riferimento con ogni probabilità alla riduzione di 109 unità rispetto alla media dei primi nove mesi dell’anno (6.428 unita). Ciò, ricordava al Senato il relatore dei documenti Giorgio Fede (M5S) è “in gran parte dovuto alla riduzione del personale presente in Afghanistan”. Le intenzioni sono chiare da tempo. Per l’Afghanistan la rimodulazione complessiva dovrebbe coinvolgere circa 200 unità sulle attuali 900 dispiegate nel Paese. Per l’Iraq, dove si trovano oggi circa 1.400 soldati italiani, il ridimensionamento dell’impegno riguarda i militari impegnati nell’operazione Praesidium, finalizzata alla protezione della diga di Mosul. “Il Califfato è stato sconfitto e non esiste più il pericolo per la diga”, spiegava la scorsa settimana il ministro Trenta.

I NUMERI

Per ora però, tutti i numeri restano pressoché invariati rispetto ai primi nove mesi dell’anno, ad eccezione delle 12 unità previste per la nuova missione in Iraq, derivanti da quelle che formano attualmente il contributo alla coalizione globale anti-Isis. “È chiaro che i numeri non possono che essere consequenziali, come detto, al senso di responsabilità nei confronti delle alleanze e degli impegni”, ha spiegato la Trenta. Numeri che, ha aggiunto, “non possono essere stravolti senza mettere in pericolo i risultati raggiunti”. Eppure, è già possibile “scorgere una nuova direzione, un nuovo corso, che, con il sostegno del Parlamento, questo governo intende intraprendere”.

IL DIBATTITO IN AULA

A dare ulteriori spunti durante le dichiarazioni di voto è stata la deputata M5S, Emanuela Corda: “Non è vero che non ci saranno dei cambiamenti e che non ci saranno nuove strategie, ma sicuramente cercheremo di ottimizzare le risorse e di rendere sempre più efficiente lo strumento militare e il valore del lavoro delle nostre Forze armate”. Da parte loro, le opposizioni sono tornate sui temi caldi del momento nel campo della Difesa, a partire dalla preoccupazioni per gli annunciati tagli al settore nella Legge di bilancio. Nel suo intervento, la deputata di Forza Italia Maria Tripodi ha parlato delle “fortissime perplessità” derivanti dalle “decurtazioni delle risorse destinate all’acquisizione dei più importanti programmi d’armamento di cui le Forze armate hanno deciso di dotarsi, come, per esempio, il programma delle unità navali Fremm, dei velivoli Eurofighter e dei velivoli di quinta generazione F-35”. Nessun dubbio invece sulla fedeltà all’Alleanza Atlantica, ha sottolineato il deputato leghista Roberto Paolo Ferrari. La Nato, ha detto, “rimane per il nostro Paese l’organizzazione di riferimento per garantire la sicurezza nella regione euro-atlantica e la necessaria dissuasione e deterrenza militare contro le minacce esterne”.


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