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L’apatia della Croazia verso l’Europa

Pubblichiamo un articolo del dossier “Difesa europea al bivio, Brasile, Libano, Croazia” di Affari internazionali

Il verdetto delle elezioni europee in Croazia è di una chiarezza cristallina: ha trionfato l’astensionismo. Solo il 20,84% degli aventi diritto, infatti, si è recato alle urne per indicare i 12 rappresentanti di Zagabria all’Europarlamento. Diverse le cause che hanno concorso a questo risultato.

Crisi

In primo luogo, il forte disincanto è stato provocato dalla preoccupazione per la grave crisi economica che attraversa il paese, con una disoccupazione che ha superato la soglia del 20% e una recessione quasi permanente dal 2009. Inoltre, la situazione tutt’altro che brillante dell’eurozona non poteva non avere conseguenze, così come il fatto che il mandato degli eletti sarà breve, perché nel maggio del 2014 la Croazia tornerà alle urne, insieme agli altri 27 Stati Ue, per rinnovare l’Assemblea di Strasburgo.

Va poi aggiunto che il negoziato per l’adesione è stato accompagnato da ristrutturazioni dolorose, come la privatizzazione dei cantieri navali, che hanno avuto un impatto non irrilevante sui posti di lavoro. Una forte polemica interna ha visto l’opposizione di destra, guidata dall’Hdz, attaccare la decisione governativa di non abbinare il voto alle imminenti regionali e amministrative, in programma il 19 maggio.

Il dato dell’astensione va comunque inquadrato nel generale contesto che vede un forte calo del fascino di Bruxelles, già emerso nelle europee del 2009, quando la media della partecipazione è stata di poco oltre il 40%, mentre in sei Stati dell’ex blocco comunista è crollata addirittura tra il 28% e il 19% (Repubblica ceca, Slovenia, Romania, Polonia, Lituania e Slovacchia).

Un utilizzo efficace dei fondi Ue in arrivo dovrebbe ridurre i sentimenti euroscettici e rilanciare l’economia. Si stima che entro il 2020 più di 13 miliardi di euro passeranno dalle casse comunitarie a quelle di Zagabria. Va ricordato che l’ingresso ufficiale della Croazia nell’Unione europea è previsto per il prossimo primo luglio. Tra i 27 componenti, solo due paesi non hanno ancora ratificato il trattato di adesione, la Germania e la Danimarca. Lo scorso 18 aprile, il Parlamento europeo ha sollecitato i due a farlo, “senza alcun indugio”.

Svolta a destra

In contrasto con i sondaggi della vigilia, l’esito del voto ha punito la maggioranza di centrosinistra, guidata dai socialdemocratici (Sdp) del premier Zoran Milanović. Il governo ha pagato la politica di austerità, nutrita di nuove imposte e di tagli agli stipendi del pubblico impiego, incapace di far ripartire la crescita. Il cartello dell’opposizione si è imposto con il 32,86% (6 seggi) davanti al 32,07% (5 seggi) della maggioranza.

Tra le forze minori, solo i Laburisti hanno superato lo sbarramento del 5% a livello nazionale, ottenendo il 5,77% e un seggio. Rimangono fuori, tra gli altri, la piccola coalizione centrista formata da social-liberali e contadini (Hsls-Hss) e gli indipendenti guidati dal presidente uscente della regione Istria, Ivan Jakovčić, leader della Dietà democratica istriana: entrambi hanno sfiorato il 4%.

Nel dettaglio, l’Hdz ha vinto in 12 delle 21 contee, i socialdemocratici ne hanno conquistate otto (tra cui 4 delle 5 maggiori, dove vive oltre la metà della popolazione), mentre l’Istria conferma la sua irriducibile estraneità al bipolarismo nazionale, assegnando uno sterile trionfo a Jakovčić. L’esito delle urne sembra aver premiato la svolta a destra impressa all’Hdz dal nuovo leader, Tomislav Karamarko, in passato direttore dell’intelligence e ministro dell’Interno, impegnato in una lotta senza quartiere contro la vecchia guardia per il controllo del partito.

Pochi giorni dopo le elezioni, l’ex premier, Jadranka Kosor, è stata infatti espulsa per le sue pesanti critiche alla nuova dirigenza, da lei accusata di non avere una linea chiara. Un segno del riposizionamento dell’Hdz è venuto proprio dal voto europeo, quando si è decisa l’alleanza con i nazionalisti del Partito del diritto-dr.Ante Starčević (Hsp-As), guidato dalla discussa Ruža Tomašić.

Euroscetticismo montante

In un comizio elettorale, Tomašić aveva suscitato non poche polemiche, avendo definito “ospiti di questo Stato” i cittadini appartenenti alle varie minoranze. L’analisi delle preferenze, introdotte per la prima volta con queste votazioni, mostra che l’esponente nazionalista è risultata in assoluto la seconda degli eletti, superata solo dal capolista dei socialdemocratici, l’ex ministro degli Esteri, Tonino Picula.

A livello regionale, dall’ingresso nell’Ue ci si aspetta meno code al confine sloveno-croato. Anche se l’adesione al Trattato di Schengen è prevista solo nel 2015, a breve spariranno i doganieri, per il libero scambio delle merci. Nel valico di confine ci sarà un unico punto di controllo, gestito in comune dagli agenti di Lubiana e Zagabria.

Il governo croato ha annunciato l’avvio di un progetto di collaborazione con la Slovenia per il monitoraggio integrato dei confini dell’Ue, con un finanziamento da Bruxelles di quasi 100 mila euro. Al tempo stesso, le frontiere con Bosnia e Serbia sembrano destinate a marcare un confine simbolico e antico, tra Ovest ed Est.

Se l’ingresso di Zagabria nell’Ue comunque porta un contributo alla stabilizzazione della regione, i prossimi mesi ci diranno se le classi dirigenti sapranno contrastare o meno con efficacia l’euroscetticismo.

Giovanni Casa è giornalista, già collaboratore Iai.



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