Skip to main content

Segnali di distensione tra Nasa e Russia, ma sullo Spazio Usa si fa sentire lo shutdown

Dopo la mini crisi diplomatica della scorsa settimana, l’amministratore della Nasa Jim Bridenstine e il collega russo di Roscosmos Dmitry Rogozin sono tornati a parlare. La notizia della telefonata è arrivata dall’agenzia spaziale di Mosca, tra l’altro in lingua russa. Dalla Nasa è giunta solo una conferma. Niente di più, dato che ben il 95% del personale civile non è operativo da 24 giorni, cioè da quando è iniziato lo shutdown più lungo nella storia degli Stati Uniti.

Bridenstine e Rogozin si sono parlati dopo il gelo che era calato una decina di giorni fa, quando l’amministratore della Nasa aveva deciso di accogliere le pressanti richieste del Congresso cancellando l’invito precedentemente rivolto all’omologo russo. Da Mosca si era alzata subito la protesta, con la richiesta ufficiale di spiegazioni rivolta direttamente a Bridenstine, reo (secondo i russi) di non aver comunicato formalmente il ritiro dell’invito, appreso in Russia solo attraverso gli organi di stampa.

Da Capitol Hill, comunque, le rimostranze riguardavano il fatto che Rogozin risultasse ancora nella liste delle persone sanzionate dall’amministrazione Obama nel 2014, in seguito alla crisi ucraina. Allora, l’attuale numero uno di Roscosmos era vice primo ministro, con delega specifica per l’industria nazionale. Poi, la scorsa primavera è stato lo stesso Vladimir Putin a volerlo al vertice dello spazio nazionale, dopo anni di turbolenze e cambi al comando. Eppure, anche Rogozin ha avuto a che fare con dossier delicati, compreso quello relativo allo scienziato di Roscosmos Viktor Kudryavtsev, arrestato dai servizi segreti russi con l’accusa di spionaggio per aver condiviso segreti sul programma missilistico ipersonico con un Paese Nato.

Negli scorsi mesi, non hanno aiutato il rapporto con gli Stati Uniti nemmeno i due episodi controversi legati alla Stazione spaziale internazionale (Iss), su cui la collaborazione tra Washington e Mosca non è mai venuta meno, neanche quando a Terra la tensione raggiungeva il suo apice. In estate, un buco su un modulo russo rischiava di creare parecchi problemi all’equipaggio. In quell’occasione, Rogozin si lanciò addirittura in accuse di “sabotaggio” a non meglio identificati avversari. Poi, ad ottobre, la navicella russa Soyuz MS10 ha fallito il suo lancio verso l’Iss, senza fortunatamente creare danni ai tre astronauti a bordo.

E proprio la collaborazione sull’avamposto spaziale è stata al centro delle telefonata tra Bridenstine e Rogozin. Dallo scarno comunicato russo si apprendono pochi dettagli, tra cui l’invito rivolto all’amministrato della Nasa per una visita al cosmodromo di Baikonur, teatro ad ottobre dell’unico incontro che i due hanno avuto finora. Senza alcun riferimento alla cancellazione dell’invito negli States, Roscosmos spiega che la chiamata si è concentrata sulla cooperazione “nell’esplorazione congiunta dell’Universo”, dall’Iss ai programmi lunari, fino allo Spazio profondo (si parla da tempo di una missione comune verso Venere).

Nel frattempo però, la Nasa resta bloccata dallo shutdown. Tra gli effetti più evidenti c’è stata la posticipazione dell’atteso debutto della capsula Dragon di SpaceX, spostato dai primi di gennaio a febbraio (almeno per ora, dato che la questione del muro per Donald Trump non sembra sbloccarsi). La navicella, insieme alla Starliner di Boeing, servirà agli Stati Uniti per affrancarsi dalla dipendenza dai russi nel trasporto umano nello Spazio, ad ora garantito dalla sola Soyuz. Il tema è urgente, visto che l’attuale contratto prevede i voli fino al 2019 e che entrambi i programmi Usa vedono da tempo continui ritardi. Intanto però, la telefonata tra Bridenstine e Rogozin sembra aver aperto uno spiraglio alla normalizzazione dei rapporti.



×

Iscriviti alla newsletter