L’addetto militare del Venezuela a Washington, colonnello José Luis Silva, ha dichiarato fedeltà al nuovo presidente ad interim venezuelano, Juan Guaidó. “Io, nella mia posizione di addetto alla Difesa del Venezuela negli Stati Uniti, non riconoscono il signor Nicolás Maduro come presidente del Venezuela”, ha dichiarato in un video-messaggio.
In un’intervista al quotidiano di Miami, El Nuevo Herald, ha inviato un messaggio a tutti i militari, tutti quelli che portano armi: “Per favore, non attaccare il popolo. Anche noi siamo popolo. È arrivata l’ora di fermare il tradimento da parte del governo dei principi più basici. Si sono venduti agli interessi di altri Paesi”.
Silva, come il resto dei diplomatici venezuelani negli Stati Uniti, ha ricevuto ordini dal regime di Maduro di tornare in Venezuela, dopo che sono stati interrotti i rapporti con Washington. Tuttavia, non tutti hanno accolto il mandato. “Qui c’è una gran percentuale di diplomatici che non è d’accordo con l’usurpazione di Maduro – ha dichiarato – ma temono per quello che può succedere alla famiglia che è in Venezuela, e l’incertezza di restare in un Paese straniero”.
Oltre a Silva una funzionaria diplomatica del consolato a Houston ha chiamato Guaidó per informarlo che non avrebbe eseguito gli ordini del regime socialista e che si rendeva disponibile per il nuovo governo.
La strategia di Guaidó di offrire amnistia ai militari sembra dare i primi frutti. Il presidente ad interim ha offerto la grazia a tutti i funzionari civili e militari che decidano di non riconoscere Maduro per allinearsi a lui.
Un documento preparato dall’Assemblea Nazionale offre “l’eliminazione della responsabilità civile, penale, amministrativa, disciplinare e tributaria nelle inchieste, procedimenti e sanzioni”, dal 1° del 1999, un mese prima dall’insediamento di Hugo Chávez come presidente. Saranno concesse le garanzie costituzionali a favore dei funzionari civili e militari con base negli articoli 333 e 350 della Costituzione, riferite alla collaborazione per restituire della democrazia.
Guaidó ha spiegato che l’amnistia ha come obiettivo “propiziare la transizione politica mediante l’esecuzione di elezioni libere e trasparenti, con voto universale, diretto e secreto”. Il nuovo presidente ha inoltre invitato la società civile a distribuire “porta a porta” la nuova legge di amnistia per i militari, in modo di fare arrivare l’informazione a tutti. Ma quello del colonnello Silva è un caso isolato o veramente c’è un profondo scontento nelle forze armate venezuelane?
L’analista Marcelo Falak ricorda come altri episodi di ribellione sono stati velocemente contenuti dal regime di Maduro. La mancanza di solidarietà accelera la scomparsa e minimizza l’impatto.
Luis Vicente León, direttore dell’istituto di analisi e sondaggi Datanálisis, crede che sia ancora troppo presto per capire quanto sono profonde le fratture all’interno del settore militare: “È ovvio che in tutti i gruppi e le istituzioni ci sono divisioni e scontento. Non è nulla di nuovo. È successo anche all’interno del partito chavista, con la fuga del magistrato Christian Zerpa […] ma le domande sono altre: è così massiva questa divisione? Quanto forte rispetto alla capacità del regime per controllarla? Che conseguenze può avere nel settore militare? Nulla di questo lo sappiamo ancora”.
Alejandro Velasco, storico venezuelano e professore all’Università di New York, ha spiegato al The New York Times che nella storia latinoamericana l’unico attore che può svoltare una crisi politica e istituzionale come quella che attraversa il Venezuela sono i militari.
La fedeltà a Maduro tra i soldati di basso livello è diminuita perché l’iperinflazione li ha colpito molto economicamente. Carlos Peñaloza, generale venezuelano in pensione che vive a Miami, sostiene di essere in contatto con molti ufficiali di livello medio che hanno perso stima del regime. “Molti hanno cominciato la carriera militare prima dell’arrivo di Chávez al potere – ha dichiarato al New York Times -. Sono cresciuti in democrazia e vogliono che sia ripristinata”. Il generale sostiene che i 500mila barili di petrolio al giorno che il Venezuela manda agli Stati Uniti sono la principale fonte di reddito di Maduro in questo momento. “Se c’è l’embargo – conclude Peñaloza – Maduro non avrà più soldi per pagare i militari”.