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Per sciogliere i nodi del centrodestra si guardi al “ministro dell’armonia” Pinuccio Tatarella

salvini

“Il bisogno di pensare alle sue idee sta a significare che fu molto più di una meteora. Tatarella era convinto che la politica dovesse essere la proiezione di quanto fermentato nel mondo della cultura. La destra era per lui uno stadio prepolitico, un’adesione antropologica della persona. La stessa adesione politica ha in sé una ragione prepolitica, teorizzava Tatarella. Noi all’epoca ci divertivamo a dire che Dante Alighieri era l’iniziatore della destra, che prosegue attraverso Manzoni, Leopardi, Hegel, Gentile, poi Prezzolini, Longanesi e tanti altri”.

Le parole che usa il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano durante la presentazione, alla Camera dei deputati, del libro edito da Giubilei Regnani “Pinuccio Tatarella. Passione e intelligenza al servizio dell’Italia”, per ricordare in occasione del Ventennale della sua scomparsa colui che viene indicato come il “padre nobile della destra democratica italiana, precursore del Centrodestra, primo uomo di destra dal dopo guerra ad oggi a ricoprire il ruolo di vice presidente del Consiglio nel 1994”, riescono a fare emergere al meglio il sentimento di quanti si riconoscono, con nostalgia oppure con interessato distacco, nella storia della destra italiana.

Assieme a lui, l’editore Francesco Giubilei, presidente della fondazione dedicata a Tatarella, il vice-presidente Fabrizio Tatarella, e i senatori Maurizio Gasparri e Adolfo Urso. “L’esperienza e la riflessione di Tatarella è presente nell’azione di molti. Autori, personaggi e protagonisti di qualsiasi parte erano per lui fondamentali”, ha ricordato il senatore Gasparri. “Non c’erano talk show all’epoca, era pura militanza. Alleanza nazionale nacque dalla mente di Tatarella, da nessun altro. Non è solo un ricordo ma una riflessione sulla politica di qualità, che di questi tempi non basta”.

“Non giocava con le parole ma era talmente attento alla comunicazione che non andava in televisione, pensava alla politica come lavoro delle istituzioni e non come propaganda, rifuggiva dalla propaganda come ideologia, non declamava il cambiamento ma lo realizzava. L’esatto contrario di salire sul balcone”, ha invece spiegato il senatore di Fratelli D’Italia Urso. “Il fatto che oggi tutti dicono di voler tutelare la patria e gli italiani, ma fu il percorso precipuo della destra italiana secondo Pinuccio Tatarella. Raddrizzare il corso della politica italiana dalla deriva autoritaria, demogogica e violenta della deriva che la politica italiana ha preso”.

Il libro nasce dall’iniziativa della fondazione dedicata al politico di Cerignola, ricordato anche come il “ministro dell’armonia” per via del suo ruolo di mediazione negli anni del primo governo dell’epoca Berlusconi, che finirono per portare ai vertici dell’esecutivo gli esponenti del Movimento sociale italiano in seguito alla “svolta di Fiuggi”, capeggiata da Gianfranco Fini ma di cui Tatarella venne riconosciuto come l’ideatore. E lo stesso per la “Casa della libertà” avviata dopo la sconfitta elettorale del 2006, che portò al governo la compagine guidata da Romano Prodi. Possibile oggi la stessa svolta unitaria tra le forze di destra e quelle di centro-destra? A sentire gli scontri a fuoco tra forzisti e leghisti, non sembrerebbe facile.

Tuttavia, il libro rappresenta in qualche modo la ricerca di un avviamento in quella stessa direzione, e il fatto che tra i tanti contributi – tra gli altri, Luciano ViolanteGianni Letta, Gaetano Quagliariello, Vittorio Sgarbi, Marcello Veneziani, Francesco Verderami, Antonio Polito, Pietrangelo Buttafuoco, Corrado Ocone, Salvatore Merlo, Stefano Folli, Paolo Messa, Gennaro Malgieri, persino Michele Emiliano o Massimo D’Alema, di cui viene riportata il testo della commemorazione inviato per il funerale di Tatarella – figurino anche quello dei principali esponenti dell’attuale, e scomposta, galassia del centro-destra, lo mostra in maniera più che plastica.

Nel libro si leggono infatti anche i contributi, in primis, di Matteo Salvini, ma allo stesso modo anche quelli di Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Roberto Maroni, Nello Musumeci. “Oggi la sfida per la destra è esattamente la stessa dei protagonisti di quella stagione”, e per questo “bisogna convogliare tutte le energie che in questi anni sono andate disperse verso la loro naturale appartenenza”, ma sgombrando “il campo da tutte le tentazioni di bruciare le tappe con soluzioni artificiali”, scrive Salvini, usando niente meno che un passo del Vangelo di Marco per parlare del tempo di maturazione di questa, al momento ancora complicata, alleanza.

“Difendere e promuovere la destra era un tutt’uno con la questione nazionale”, con una “piena legittimazione” in Europa, e con il presidenzialismo come “riforma-bandiera” di tutto il suo impegno, aggiunge invece dal suo canto Meloni, tracciando un sintetico affresco dii contenuti da mettere in campo. “Politica come un servizio, un dedicarsi al bene e all’interesse comune, da rendere con passione, con il popolo e per il popolo”, una politica “basata sulla sintesi, non l’antitesi, e sul dialogo”, anche “in Europa”, è infine la conclusione del quadro fatta dal presidente del Parlamento europeo, l’azzurro Tajani.

Ma a sciogliere gli intricati nodi dell’odierno centrodestra, tra la questione migranti, tra i porti chiusi e le espulsioni mancate, le alleanze europee, gli umori degli imprenditori del settentrione, e da ultimo lo spauracchio della recessione, ci pensa l’ex presidente della regione Lombardia Maroni, nel suo breve tratteggio delle doti del “ministro dell’armonia”. Nella necessità di un accordo tra Lega Nord e Alleanza Nazionale, dopo la storica vittoria di Berlusconi nel ’94, nel dover coniugare cioè il federalismo padano al presidenzialismo post-missino, l’idea di Tatarella fu tanto semplice quanto immediata: rinchiudere nella stessa stanza i due ideologi, Gianfranco Miglio e Domenico Fischella, per discutere dei termini del patto che sarebbe dovuto venire. Un contratto di governo (di centro-destra) ante-litteram.

Dopo ore di accese discussioni però, nessuno né uscì ammorbidito, ma le posizioni reciproche restavano ferme, sempre le stesse. Quando Tatarella lo venne a sapere, fuori tempo massimo, i giornalisti aspettavano l’esito dell’incontro al di là dell’ingresso di Palazzo Chigi. Una volta giunti in commissione, Tatarella, racconta Maroni, prese allora atto delle due diverse posizioni, e rivolgendosi ai presenti, davanti agli occhi sbalorditi dei due professori, arrivò l’annuncio: “Grazie Miglio, Grazie Fisichella. Federalismo e presidenzialismo possono convivere. Abbiamo l’intesa!”


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