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Generazione p… come poveri.

 

“Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia” diceva il poeta. A leggere i dati dello studio Bankitalia, viene da pensare che la giovinezza non sia in realtà tanto bella e che ci sia solo da sperare che “fugga tutta via” il prima possibile.

Il salario dei giovani dagli anni ’90 in poi si è ridotto rispetto a quello dei lavoratori più attempati. In compenso, le carriere sembrano essersi ingessate, e la crescita delle retribuzioni resta una chimera. Si rimane inchiodati a salari d’ingresso che dal 1992 al 2002 sono scesi dell’11% per i giovani entrati sul mercato del lavoro tra i 21 e 22 anni. Ma dopo qualche anno va meglio. Il salario è più basso solo (si fa per dire) dell’8%.

Tutto questo, ovviamente, si traduce in una perdita di potere d’acquisto rispetto alla generazione precedente praticamente permanente. Laureati che si fanno integrare lo stipendio con la paghetta di papà, che ovviamente va in piazza per la sua pensione con la sinistra radicale.

 



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