Non è vero che l’autonomia differenziata sia un tema caro solo alla Lega di Matteo Salvini. Anche nel Movimento 5 Stelle la richiesta di una maggiore indipendenza economica regionale viene difesa con forza da molti esponenti di Luigi Di Maio. A partire dal loro leader nella regione Veneto, il consigliere Jacopo Berti: “Ero e rimango assolutamente a favore dell’autonomia in Veneto. Lo ribadisco a tutti i livelli, dentro e fuori il Movimento” ha ribadito il leader del Movimento che in Veneto, tanto per capire, sta all’opposizione del governatore Luca Zaia. Ancora più netto è il parlamentare pentastellato di Belluno, Federico D’Incà: “Noi abbiamo fatto campagna elettore per il sì al referendum – ricorda – in prima persona mi sono speso perché i veneti andassero a votare, per dare alla nostra regione la possibilità di avere un regionalismo differenziato”.
Che ci sia più di un malumore interno è fuor di dubbio. Anche il famoso contro dossier che è circolato il 14 febbraio, la sera del consiglio dei ministri e attribuito al M5S, per bloccare l’iniziativa del ministro Erika Stefani viene bollato come “farlocco”. “Trovo sconcertante – ha ribadito D’Incà – che vengano fatti uscire falsi dossier sul M5S, note che non si sa da dove provengono e fatte solo per provocare rotture nel governo”.
Sia Berti che D’Incà poi tirano in ballo proprio il vicepremier Luigi Di Maio e la promessa che quest’ultimo ha fatto appena qualche giorno fa a Vicenza dove si è speso a favore dell’autonomia “per dare seguito al referendum e alla volontà popolare”. Non è un caso che il tema è stato inserito anche nel contratto di governo, che poi è alla base dell’operato gialloverde. “In alcune zone d’Italia – rincara la dose Berti – è stato fatto un vero e proprio terrorismo mediatico contro l’autonomia del Veneto: chi urla contro il presunto taglio delle risorse al Sud parla senza avere nemmeno letto le carte, oppure è mosso da un pregiudizio”.
Ma qual è il modello allora a cui fare riferimento? Quello tedesco, federale: il vero sogno del Movimento 5 Stelle quando si parla di autonomia sono gli Stati Uniti d’Italia, che poi è il tema caro che ha cementificato l’unione di Beppe Grillo e Giandomenico Casaleggio agli albori del movimento, quando l’autogoverno dei territori era un must imprescindibile per avvicinare i cittadini alle istituzioni, a partire da quelle locali. Lo ha spiegato Dario Violi, coordinatore politico dei 5 stelle in Regione Lombardia, che ha anche invitato le regioni del Sud a non aver paura. “Nessuno vuole portare via soldi alle regioni meridionali, sull’autonomia si inizia con una sperimentazione da parte di chi l’ha già chiesta e l’idea è anche quella di dimostrare che se alcune regioni possono far meglio servono da stimolo per le altre regioni a darsi da fare, spingendo i cittadini a chiedere ai propri governanti di cambiare”.
Il tema è divisivo, non c’è dubbio. Anche all’interno della compagine di governo c’è da registrare la posizione del sottosegretario alla Funzione Pubblica, Mattia Fantinati, uno dei fondatori del movimento in Veneto e che recentemente in un’intervista a Libero ha ribadito: che l’autonomia è “sacrosanta” e ricordato come in Lombardia sono stati parte attiva contribuendo alla stesura del quesito referendario e alla raccolta delle firme. “Non c’entra nulla con la secessione” ha detto “c’è un ministero apposito che si sta occupando della questione, ci sono degli aspetti tecnici da concordare con altri dicasteri. Ma l’autonomia è una cosa che vogliamo e si farà”. Certo l’obiettivo è farla bene – nelle intenzioni di tutti – perché con un accordo pasticciato si possono moltiplicare i centri di spesa e le decisioni.
Come uscirne? La posizione mediana assunta dal presidente della Camera, Roberto Fico e ribadita dal ministro per i rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro indica forse una soluzione nel coinvolgimento maggiore da parte del Parlamento. “Non vedo alcun rischio di esclusione delle Camere – ha detto Fraccaro al Corriere della Sera – ci sono molte modalità attraverso cui il Parlamento potrà esercitare il ruolo centrale che gli spetta”. Una di queste è che si discuta attorno a una bozza di intesa sulla base della quale poi il Parlamento darà le sue indicazioni al governo. Tutto questo perché il decentramento è necessario “ma deve essere chiaro: nessuna Regione avrà danni economici”.