Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro. Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.
Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com.
Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.
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“Le persone non comprano ciò che fai, ma il perché lo fai”.
Questa è la frase di Simon Sinek che guida continuamente l’agire e la passione di Fabio De Felice. Professore di impianti industriali presso l’Università degli Studi di Cassino, ha fondato Protom, azienda che da oltre 20 anni opera come global consultant, restando sempre fedele ai principi del proprio metodo: eccellenza ed innovazione.
Sono questi i valori che guidano De Felice sia nell’ingegneria dei trasporti che nell’ Information Technology, declinata per rispondere ai crescenti bisogni in termini di realtà aumentata e virtuale negli ambiti dell’education, del manufacturing, passando per i beni culturali fino ad arrivare all’healthcare. L’obiettivo è sempre quello di anticipare il cambiamento.
Dal 2017 Protom è anche entrata nel progetto Elite di Borsa Italiana per le imprese ad alto potenziale e ha sedi in Italia, Francia e Brasile e ha acquisito e iniziato il piano di rilancio internazionale di Taurus, storico marchio della bicicletta Made in Italy.
Secondo De Felice, il “perché” deve guidare le nostre scelte, così come i numerosi esempi noti nella storia, dai fratelli Wright alla Apple o a Martin Luther King e molti altri, possono testimoniare. Oggi il consumatore, come il collaboratore vuole seguire non il prodotto o il personaggio qualunque, ma la motivazione che muove l’azienda o la persona a generare il “cosa fa”, il “cosa realizza”. Per questo il fondatore di Protom è solito riportare un adagio tanto caro allo stesso Simon Sinek nel quale ricorda sempre a se stesso che ogni giorno il motivo per cui si reca al lavoro è si per mettere un nuovo mattone al percorso avviato anni prima, ma questo mattone non è funzionale a costruire un semplice muro, ma pur sembrando uguale agli altri impegnati a costruire mura, in realtà questo mattone serve, per lui e la sua azienda, a creare una cattedrale.
D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R. Un innovatore è colui che riesce a canalizzare la creatività realizzando utilità per la collettività. Spesso confondiamo invenzione con innovazione. La ruota è di certo stata un’importante invenzione, ma la sua applicazione ad un mezzo di trasporto è stata l’innovazione che ha cambiato la nostra vita. Così come la macchina a vapore o la carta sono invenzioni epocali che nella loro applicazione hanno cambiato il nostro modo di agire e la nostra stessa esistenza.
D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Non penso ci sarà una singola innovazione che cambierà il mondo ma l’impiego di tecnologie basate su paradigmi esistenti cambieranno i nostri ‘mondi’. La diffusione, dell’intelligenza artificiale cambierà completamente il nostro modo di lavorare, di spostarci, di viaggiare ed anche di interagire tra di noi e con il mondo esterno.
D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Un leader deve essere capace di ispirare i propri collaboratori e comunicare loro il “perché” dell’impresa in cui lavorano e gli obiettivi che si vogliono realizzare. Un leader deve essere un facilitatore, un ispiratore, una persona capace di fare gruppo e trasferire i valori portanti di un’organizzazione. Senza entrare nel merito dei diversi modelli di leadership, il compito di guidare un’organizzazione non può essere affidato a persone che hanno soltanto grandi capacità, hard skills, tutt’altro, il leader deve avere l’abilità di trasferire la mission e la vision che guidano l’organizzazione ad ottenere risultati che se solo connessi all’utilità ed al profitto, avranno di certo gambe corte.
D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. Senza dubbio Thomas Saaty. Professore emerito alla Pittsburgh University, scomparso da pochissimo all’età di 91 anni. La sua ricerca era orientata allo studio di sistemi decisionali multi criterio, il tutto partendo dalla conoscenza delle dinamiche mentali e del nostro modo di scomporre la complessità in maniera semplice. La sua vitalità, la sua continua ricerca dell’innovazione, la sua semplicità ed amicizia sincera, la sua voglia di cambiare lo status quo. Ricordo la sua caparbietà nel voler organizzare un incontro tra palestinesi siriani, israeliani e jihadisti per provare a farli comunicare attraverso una sua metodologia, il famoso AHP, ad innescare un dialogo mediante i suoi studi. Il prof. Saaty ha completamente stravolto la mia metrica ed il mio sistema paradigmatico.
D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. La mia più grande paura è vedere i miei figli ispirati da modelli in cui non mi riconosco e lontani dai miei valori, modelli che purtroppo invadono ogni istante della nostra vita attraverso la rete e che pertanto non abbiamo modo di contrastare se non continuando a provare a trasferire loro i nostri ideali e valori. Vedere la società pervasa da questi nuovi personaggi ‘di successo’ e che non migliora anzi peggiora mi conduce ad un pericoloso e devastante senso di rassegnazione che oserei definire esiziale.
La mia più grande speranza, invece, è che i sistemi di innovazione tecnologica applicati alla medicina possano in breve tempo debellare mali atavici che perseguitano le nostre vite e quelle dei nostri cari.
D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro?
R. Amo fare il professore universitario. Il contatto con i ragazzi, poterli ispirare, ricevere la loro energia e ‘follia fuori dagli schemi’ e nel contempo (nel mio piccolo) contribuire a tracciare il loro futuro e affiancare la loro crescita professionale ed umana è impagabile.
Il mio progetto futuro è certamente quello di viaggiare per internazionalizzare sempre più la mia azienda ed accrescere le mie conoscenze per poi finalizzarle nel mio lavoro universitario e di guida per la realizzazione dei miei progetti imprenditoriali.
D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare?
R. La cosa che mi fa più emozionare e che mi genera un effetto ‘wow’, per dirla con Jung, è quando un mio collaboratore, sulla sola base di quanto sono stato capace di ispirarlo e motivarlo si comporta come un amico, un parente, un conoscente o un collega, come se fosse guidato dai miei stessi valori. Questo riempie i pochi vuoti lasciati dal mio ego ipertrofico, ma soprattutto mi riempie il cuore oltre che l’orgoglio poiché ritengo, in questo modo, di far del bene a delle persone e alla società/comunità tutta. Cosa questa che dovrebbe essere connaturata al nostro agire, ma che il contesto socio economico in cui viviamo, spesso ci fa dimenticare.
La cosa che mi fa più arrabbiare è l’ignoranza che purtroppo come il grande Cipolla ci insegna, è capace di arrecare danni non solo a noi ma alla collettività nella sua interezza. E drammaticamente tale ‘connotazione’ attraversa indistintamente ogni settore ed ogni momento della nostra esistenza, dalla politica all’università, dall’associazionismo all’impresa fino alle relazioni Interpersonali che trovano sfogo ed ampia espressione nella nuova socialità nella società internettizzata.