Certo, a lume di logica è difficile capire come il Movimento Cinque Stelle si sia potuto cacciare in questo bel casino del voto popolare online a favore o contro la concessione dell’autorizzazione a procedere a Salvini sul caso Diciotti. Ma il fatto che la politica non sempre sia logica non significa che non abbia una sua logica: parlare di “dilettantismo”, come per esempio ha fatto ieri Berlusconi, è un modo per esorcizzare il problema, significa rifiutarsi di capire i termini della questione. Che mi sembra siano riconducibili a due punti: le convulsioni del Movimento dipendono, da una parte, da un’eterogeneità forse non amalgamabile di idee e convinzioni che sono al suo interno, dall’altra, dalla mancanza di un leader forte e unico come oggi impone la politica.
Bisogna dare atto a Luigi Di Maio di aver fatto di tutto per conquistarsi questo ruolo, ma francamente, date le condizioni di partenza e le caratteristiche genetiche del Movimento, non poteva riuscirci più di tanto. Ed è questo elemento che, prima di ogni altro, lo penalizza rispetto a Salvini e penalizza tutto il Movimento davanti agli occhi degli elettori. È un po’ quello che succede al Pd, anch’esso diviso fra correnti e gruppi di interesse, ma con un vantaggio rispetto ad esso: stando al governo Di Maio fa leva sugli interessi e sulla spartizione del potere per mettere momentaneamente a tacere chi non condivide la sua linea politica. Credo che sarà questo, in definitiva, che accadrà anche questa volta. Il voto, con i suoi elementi di surrealismo, è una sorta di prezzo che Di Maio deve pagare al suo interno e alla stessa retorica che lo ha portato al potere: con il fatto stesso che segnala che il vicepremier ha, per così dire, una sovranità limitata nel Movimento. Da qui l’impossibilità di prendere posizioni nette, o anche assumersi fino in fondo delle responsabilità, che penalizza i pentastellati molto, come si diceva, anche nei confronti del corpo elettorale.
Certo, andando alle elezioni molti nodi si scioglierebbero, ma forse si scioglierebbe lo stesso Movimento. Per intanto, molte possibilità di frenare l’erosione dei consensi nelle prossime tornate elettorali non politiche non sembrano essercene… Quanto a Salvini, nemmeno lui può avere un interesse al voto, almeno finché non avrà aggregato attorno a sé in modo univoco almeno tutto il centrodestra. Intanto, il consenso nei suoi confronti è in costante crescita. Un interesse a staccare la spina per lui ci sarà solo se qualche segnale dovrebbe mostrare la possibilità di una qualche erosione in questo consenso.
Paradossalmente, la forza di Salvini, anche se può non piacere ai pentastellati, è per ora l’unica garanzia della loro permanenza al governo e della speranza di poter risolvere, da posizioni di potere, le loro contraddizioni interne. La crisi di governo perciò, secondo me, non è minimamente all’orizzonte. Anche se gli elementi di surrealismo presumibilmente aumenteranno ancora nei prossimi mesi, generando stupore e meraviglia in quei commentatori (quasi tutti per la verità) che vogliono continuare a dare un’analisi razionalistica (o addirittura ideologica) e non meramente politica alle loro analisi.