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Roberto Baldassari: il vero leader va a caccia di talenti

Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro. Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.
Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com.
Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.

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“Bisogna avere un caos dentro di sé per veder nascere una stella danzante” – questa citazione di Friedrich Nietzsche è una di quelle che sintetizza al meglio il pensiero di Roberto Baldassari, già Presidente dell’Istituto Piepoli dal 2014 e attualmente Presidente e CEO di GPF – Inspiring Research, un istituto di ricerca fondato dal sociologo Giampaolo Fabris nel 1979 attraverso il quale vengono analizzati i principali mutamenti dei comportamenti degli italiani utilizzando metodologie e tecniche di ricerca sociale.

Baldassari, 38 enne romano, insegna Strategie delle ricerche di mercato e di opinione nel corso di laurea di Scienze della Comunicazione presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli Studi RomaTre e all’UniMercatorum l’Università degli Studi delle Camere di Commercio; e Comunicazione Pubblica all’Università San Raffaele. Tiene regolarmente corsi di formazione per il Ministero della Difesa, Link Campus University e per Master privati su temi legati alla comunicazione, al Made in Italy, al problem solving, decision making, gestione della crisi, marketing politico e strategie e tecniche di ricerche di mercato.
Presiede l’Organismo Indipendente di Valutazione della Camera di Commercio di Roma, di cui fa parte da diversi anni, è membro del Board di TELMA Lab (Laboratorio Trasporti, Energia, Logistica, Mobilità, Ambiente), del comitato culturale della Fondazione Italiani e di ISIAMED. Dirige il Comitato Scientifico dell’ANGI (Associazione Nazionale Giovani Innovatori). È Dottore di Ricerca in Scienze del testo, Letteratura, Cultura Visuale e Comunicazione presso l’Università degli studi di Siena, ricercatore dell’Osservatorio Permanente Europeo sulla Lettura. Dal 2008 al 2015 ha insegnato Giornalismo, Scrittura, Abilità linguistico-comunicative e Metodologie e tecniche della ricerca socio-culturale all’Università degli studi RomaTre.
Ha pubblicato oltre cento studi e articoli su riviste scientifiche specializzate e quotidiani nazionali.

D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R. Cartesio affermava che “il dubbio è il principio della conoscenza”.
Io credo che se non si è curiosi nella vita non si possa crescere, avanzare, scoprire cose nuove. E l’innovatore per me è proprio colui che costruisce una strada alternativa a quella solitamente battuta, partendo dal porsi alcune domande da buon “cigno nero”, con un pensiero laterale e un approccio costruttivista.
L’innovatore ha il coraggio e “l’incoscienza” di guardare dove gli altri riposano gli occhi.

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. L’innovazione in generale per me è qualcosa che migliora e semplifica la vita.
Penso dunque ai traguardi sempre più ambiziosi della ricerca scientifica in campo medico, ad esempio un’eventuale scoperta della cura per il cancro e i progressi tecnologici su robotica e intelligenza artificiale, in particolare nello sviluppo della “lettura della mente” e nella predizione del futuro.

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Il vero leader deve essere una guida per i suoi collaboratori, autorevole ma non autoritario. Deve saper trasferire la sua passione nel lavoro, motivare il team, valorizzandone competenze e attitudini personali. Deve saper accettare le critiche, laddove costruttive, premiare il merito e saper far crescere le sue risorse scovando, ove possibile, qualche “super cervello” da non far scappare all’estero.
Come nell’Atene di Pericle il rapporto degli aristoi era uno su mille, così nella Firenze di Lorenzo De Medici e negli Stati Uniti di Kennedy il rapporto rimane invariato, così anche oggi l’Italia come il resto del mondo “pulsa” di leader ignoti: il vero leader dovrebbe andare a “caccia” di talenti mentre, sempre più spesso, cerca “braccia” e non menti.

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. Tra tutti gli incontri con i leader che ho avuto la fortuna di fare da quando “batto il mercato” – oltre 2500 meeting face to face – 10 persone mi hanno particolarmente colpito, in una sorta di top ten virtuale in cui non conta la posizione ma il tratto dominante che li differenzia per me uno dall’altro: da Mario Draghi a Matteo Arpe, da Marco Patuano a Gianfranco Battisti, da Santo Versace a Carlo Freccero, senza dimenticare Carlo De Benedetti, Oliviero Toscani, Giampaolo Pansa, Luciano De Crescenzo.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. La mia più grande paura è quella di non riuscire a leggere in maniera predittiva i segnali deboli che spesso anticipano, a livello personale e lavorativo, cambiamenti determinanti nel corso della vita. La più grande speranza è quella di riuscire, nel mio piccolo, ad aumentare le probabilità di emergere dei “supereroi” nascosti che ho la fortuna di incontrare.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. il mio progetto di lavoro attuale è connesso con la ricerca socio-culturale politica, e con la formazione dei protagonisti del futuro del nostro Paese.

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare
R. Per quanto riguarda le emozioni positive senza dubbio assistere alla nascita di mio figlio Luigi. Se invece devo citare qualcosa che mi fa molto arrabbiare penso alla tecnologia di tutti i giorni con cui ho un rapporto “odi et amo” come direbbe Gaio Valerio Catullo: mi vengono i nervi quando la tecnologia, invece di supportarci, ci mette i bastoni fra le ruote. Come ad esempio quando il wifi non funziona e ti rallenta il lavoro, quando non c’è campo per il cellulare e devi fare una chiamata importante o quando c’è “assenza di segnale” proprio qualche attimo prima dei calci di rigore.



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