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Su Tav e Via della Seta il governo fa il gioco delle tre carte. Parla Quagliariello

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Via della Seta, Tav, rapporti di forza nel centrodestra. L’ex ministro Quagliariello, senatore e fondatore di Idea, chiede chiarezza al governo sul fronte delle politiche internazionali e ai partiti moderati per ricostruire un percorso comune.

Senatore, sembra poco chiaro quanto sta avvenendo sul fronte degli investimenti cinesi nel nostro Paese, si rischia di spostare l’asse storico dell’Italia sullo scacchiere mondiale. Anche gli americani sono molto preoccupati. Cosa può fare l’opposizione per farsi sentire? Cosa rischia il nostro Paese perseguendo questa strada?

Gli equilibri dello scacchiere mondiale si vanno modificando ma questo impone un surplus di approfondimento, non di improvvisazione. Nel nostro Paese da un lato si vorrebbe giocare a fare i piccoli Trump senza la forza degli Usa alle spalle, dall’altro ci si muove scompostamente rispetto al quadro storico di alleanze senza considerare peraltro la peculiarità delle diverse situazioni. Un conto è infatti il perseguimento di interessi strategici in più direzioni, fermo restando l’asse atlantico da preservare e rivitalizzare per evitare che il crescente disinteresse dell’America per la malandata Europa diventi distacco; altro è avventurarsi con superficialità in progetti di partnership subordinata con potenze chiaramente ostili che coltivano disegni egemonici sul pianeta. Sulla Via della Seta si deve evitare il gioco di fumo e specchi tra dichiarazioni e mezze verità. Le preoccupazioni degli Stati Uniti vanno prese molto sul serio. E dovremmo ricordarci che è ancora fresca la figuraccia planetaria rimediata sul Venezuela. Insomma: ad oggi siamo senza una politica estera degna di questo nome.

Tav si, tav no. Senatore, ma che gioco stanno facendo Lega e 5 Stelle sul dossier della Torino-Lione? 

Quello delle tre carte, affinché alle europee ognuno possa presentarsi di fronte al proprio elettorato dicendo di averla spuntata, e dopo si vedrà. Conte, eccellente avvocato ma non del popolo, ha trovato la supercazzola per dare una via d’uscita comunicativa a tutti, anche perché nessuno dei partiti di governo avrebbe potuto permettersi due mesi di crisi prima del voto. Ma lo spettacolo non è edificante. Mi domando chi possa essere invogliato a investire in un Paese nel quale si avviano procedure di gara con clausola “vabbè abbiamo scherzato”.

I due contractor del governo litigano continuamente per poi siglare delle pax temporanee. A questo punto crede che si tratti di una strategia?

La chiave sta nella parola ‘temporanee’. È il governo dei ‘pagherò’. L’unico principio non negoziabile è che entrambi i partiti possano arrivare alle europee con qualche trofeo da esibire, rinviando le relative responsabilità e senza l’onere di decisioni sgradite ai rispettivi elettorati. Così sulla Tav si gioca a rimpiattino, e il reddito di cittadinanza, al pari delle altre misure della ‘manovra del popolo’, viene finanziato con la gigantesca cambiale delle clausole di salvaguardia. Il popolo di cui sopra è seduto su una bomba a orologeria di ventitré miliardi da trovare solo per il prossimo anno. La strategia potrà forse funzionare fino alle europee, ma dal giorno dopo la questione si fa seria, serissima.

Alle elezioni locali un centrodestra unito con la Lega, all’opposizione a Roma. Quanto può reggere questo schema? Salvini non dovrebbe fare una scelta definitiva? Non trova che in questo ci sia una sorta di ipocrisia sia da parte della Lega che degli altri partiti di centrodestra?

Il problema non è l’ipocrisia. Lo schema delle alleanze variabili tra governo nazionale e amministrazioni locali non è un inedito nella storia italiana: basti pensare all’epoca di Dc e Psi o, più recentemente, ai governi di emergenza messi in campo dopo che l’avvento di un sostanziale tripolarismo ha complicato di molto la ricerca di maggioranze omogenee in Parlamento. Il problema è un altro: la possibilità e la volontà di costruzione di un centrodestra nuovo su basi nuove per il governo del Paese. In questo senso, la Lega ha ripetutamente chiarito di voler andare per la sua strada, inseguendo il sogno di una improbabile autosufficienza. Questo scenario può cambiare solo se le altre forze dello schieramento di centrodestra – quelle cristiane, liberali, conservatrici e nazionali – decideranno di agevolare la nascita di una grande forza simile a quello che fu il PdL, piuttosto che coltivare segmenti e rendite di posizione privi di un peso specifico tale da rendere attrattivo un nuovo progetto di coalizione.

Cade o non cade questo governo? Una previsione sul punto di rottura di questo esecutivo e, se può, sul tema che vedrà cadere il governo.  

In politica i pronostici possono essere sempre smentiti il giorno dopo, ma i numeri sono argomenti testardi. Come già detto, chi scriverà la prossima manovra finanziaria parte con ventitré miliardi di ipoteca sotto forma di clausole di salvaguardia. Il governo che ha sottoscritto questa cambiale o è incosciente, o sa già che la manovra d’autunno sarà scritta da altri.

 


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