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Phisikk du role – I Basilischi

basilicata, ballottaggi

Nel ’63 Lina Wertmüller a soli 35 anni diresse un film che fu molto amato dalla critica e che racconta di due ragazzi svogliati, uno studente e un ragioniere, presi dall’impegno meridiano di passare le giornate, in una cittadina del sud, ubriacandosi di parole. Insomma due vitelloni meridionali, nati in un posto che potrebbe somigliare alla Basilicata (i Basilischi, appunto), e che non è avaro di sole.

E come rettili al sole, (i Basilischi, ancora, mitici lucertoloni che solo a guardarli si restava stecchiti, secondo le favole medievali) si muovono lenti, guardando il mondo e il tempo con la fissità vitrea degli animali della sabbia. E ora che anche in Basilicata si è votato possiamo volgere lo sguardo, come quei lucertoloni lenti, alla sequenza dei voti nelle regioni – ci sta pure l’Abruzzo(10 febbraio) e poi la Sardegna (24 febbraio), manca solo il Piemonte (con le Europee il 26 maggio), ma è questione di giorni – e trarre qualche provvisoria indicazione.

La sequenza delle vittorie della destra ad egemonia salviniana è netta quanto il rosario delle sconfitte del Movimento 5 Stelle e la “rimontina” al secondo posto del Pd di Zingaretti. Niente da aggiungere all’evidenza. Si confermano l’incapacità del M5S di fare risultato negli Enti Locali e di prendere voti di preferenza, la stagione trionfante della Lega del Capitano, la fine dell’emorragia del Pd che, però, non pare aver ancora recuperato lo slancio per tentare qualcosa di più, il ridimensionamento delle civiche, che non sembrano rappresentare un’alternativa alla crisi della forma-partito.

Quanto potrà durare questo trend è difficile dirlo in una stagione dai cicli brevi, anzi fulminei. Se qualcuno si azzardasse a fare scommesse per un voto europeo ancora col retrogusto basilisco, forse non sbaglierebbe. Ma è una gittata a soli due mesi, dopo di che arriviamo al bordo delle colonne d’Ercole della XVIII legislatura. Può accadere di tutto, anche un cortocircuito traumatico mentre ancora ci trastulliamo tra le mani gli exit poll del voto europeo: lo diciamo dal mese di marzo 2018, non smetteremo di dirlo adesso.

Ci sono un paio di cose, però, che queste elezioni regionali, il nostro mid term, hanno raccontato nel primo scorcio dell’anno. Una prima è la probabile irreversibilità della crisi pentastellata. Non è solo il problema dell’incapacità di misurarsi col voto di preferenza, che, a ben vedere, implica un rapporto diretto, coinvolto, costante, tra cittadino ed eletto, ben diverso dal voto a lista bloccata che raccoglie un consenso, per così dire, ideologico che prescinde dalle candidature che lo incarnano. È un’altra cosa: è la curva discendente del partito dematerializzato, privo di insediamento nel corpo sociale, affidato all’afflato emozionale del web. Non dura più di tanto. Ed è durato già tanto. La comunicazione via social aiuta, il controllo della tv di Stato è fondamentale, ma non sono sufficienti a riparare le crepe che si stanno aprendo nel corpo debole di un movimento appoggiato sugli omeri fragili di un ceto dirigente che sembra capitato lì per caso.

Da osservare, invece, l’epifenomeno leghista. Si dirà: è cosa diversa, siamo di fronte ad un partito vero, presente sul territorio da ventott’anni e più, con una classe dirigente selezionata attraverso il voto e le esperienze dell’amministrazione locale. Vero ma neanche troppo. La Lega ha quasi trent’anni di vita ed è un partito che storicamente ha avuto un peso che è rimasto tra il 5 e il 7 per cento con rare punte più alte. La Lega di oggi è sondata al 34%: è una cosa diversa. Una cosa presa d’assalto dal ceto politico dei transumanti, personale dirigente attratto dal ruolo di governo del partito di Salvini e pronto, dalle regioni padane alla Sicilia, ad abbracciare il credo del nuovo conducator.

C’è un consenso popolare che si allarga, certamente. Ma c’è anche una fetta consistente di migrazioni di ceto (specie a Sud, ma non solo) da terre politiche anche lontane verso la terra promessa di Salvini. Immigrati, che stanno facendo della Lega un partito pigliatutto, accolti con permesso di soggiorno permanente.


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