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Pd, ecco la strada verso le Europee. Il percorso tracciato da Baretta

Chi pensava che bastasse il successo delle primarie e il cambio di segretario per risolvere di colpo le difficoltà del Partito democratico si sbagliava. Il dato della Basilicata, deludente per il Pd, dimostra quanto lungo è ancora il cammino. Ma chi, al contrario, ancora sostiene che da quando se n’è andato Renzi si perde – dimenticando il referendum e la gestione delle politiche del 2018 -, non coglie (o non vuole) la complessità dell’attuale fase politica e i segnali che arrivano dagli elettori.

Le elezioni in Basilicata, infatti, più che quelle in Abruzzo e Sardegna, ci offrono elementi utili a capire la situazione e ricavarne indicazioni su come affrontare il futuro.

Innanzitutto, il risultato lucano conferma il trend generale: la Lega va forte ovunque, ma la tenaglia con la quale Berlusconi avviluppa Salvini si stringe. Al contempo i 5 Stelle sono entrati nella tempesta e ne vengono sballottati alla grande, pur restando un partito di tutto rispetto. Il Pd non è ancora competitivo, né ancor meno autosufficiente (in Basilicata, però, non dimentichiamolo, hanno pesato molto le vicende locali); ma, nell’ottica di una coalizione ampia di centrosinistra, la strada per la ripartenza appare praticabile.

Possiamo affermare che, nel breve e medio periodo, questo è il quadro nel quale si muoverà la politica italiana. A questo punto, il pallino è davvero nelle mani di Salvini. In due distinte direzioni, che, però, si influenzano a vicenda: da un lato, fino a che punto tenere in piedi questa alleanza anomala di governo, vantaggiosa a breve, ma logorante in prospettiva, e, dall’altro, collocarsi definitivamente nel centrodestra, pur da premier, ma condizionato da Berlusconi, o strappare e giocarsela in proprio. Il tempo per queste scelte non è lontano. Subito dopo le Europee si comincerà a discutere di manovra e sappiamo bene che i conti non tornano. Tant’è che la voce di elezioni anticipate, che si dovrebbero svolgere addirittura subito dopo l’estate (prima, cioè, della legge di Bilancio) si intensificano. Che siano realistiche o meno, resta il fatto che questo è il clima…

Al contempo, l’indubbio successo di Zingaretti e la buona partecipazione popolare alle primarie daranno frutti solo se si verificheranno tre condizioni. La prima è una riorganizzazione del partito che trasferisca anche nei territori il nuovo clima nazionale, fatto di entusiasmo, fiducia, competenza e apertura alla società, organizzata e non. In particolare, su questo ultimo aspetto si è consumata negli anni scorsi una frattura non ancora sanata. Superare la “disintermediazione” non vuol dire rinunciare a un confronto che faccia evolvere gli stessi corpi intermedi dal rischio costante del corporativismo, ma comprendere che la loro presenza diffusa e la loro rappresentanza sono un pilastro della democrazia rappresentativa alla quale non possiamo rinunciare. La seconda che la prospettiva di un centro sinistra aperto e, di conseguenza, con liste plurali, sia percepita dall’opinione pubblica come una strategia di lungo periodo e non come una tattica per gestire la congiuntura. Le Europee saranno il primo banco di prova di questa scelta e l’apertura a candidature autorevoli (Pisapia, Calenda) va nella giusta direzione. La terza che i contenuti – la piattaforma politica – siano tali da consentire il necessario recupero di credibilità, presupposto per ritrovare il consenso. Un modello di sviluppo “sostenibile”, cioè attento all’impresa, al lavoratore e all’ambiente, è una necessità, tanto più per noi che facciamo del made in Italy (ovvero qualità e bellezza) il nostro biglietto da visita nel mondo.

L’accoglienza nella sicurezza, ovvero flussi controllati e integrazione per chi vive già in Italia (argomenti dei quali Salvini non si occupa), sono elementi decisivi di una strategia che prevede anche diplomazia e cooperazione nei confronti dei Paesi di origine e di transito dei migranti. In questa impostazione lo ius soli va realizzato.

Sono solo esempi di un percorso, ben più complesso, che si è aperto nel Pd e nel centrosinistra e che le recenti elezioni regionali, pur nella sconfitta (o, proprio, per la sconfitta), indicano come quello da praticare.



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