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Gli Stati Uniti bloccano le consegne di F-35 alla Turchia. Il sistema russo S-400 non va comprato

È ufficiale: gli Stati Uniti hanno fermato la consegna di componenti per gli F-35 alla Turchia come ritorsione per la determinazione di Ankara nel procedere all’acquisto del sistema missilistico russo S-400. La decisione arriva direttamente dal Pentagono e segue mesi di un dibattito che ha coinvolto anche Congresso e Casa Bianca.

LA DECISIONE DEL PENTAGONO

Da Washington erano stati numerosi gli avvertimenti, l’ultimo dei quali arrivato solo poche settimane fa dal generale Curtis Mike Scaparrotti, comandante del Comando europeo degli Stati Uniti (EuCom) e del Supreme Allied Commander Europe della Nato, sostanzialmente il militare più alto in grado degli Usa nel Vecchio continente. “In attesa di una decisione turca che sia inequivocabile sulla rinuncia alla fornitura dell’S-400 – ha spiegato ora il portavoce del Pentagono Mike Andrews – le consegne e le attività associate allo stand-up della capacità operativa F-35 della Turchia sono state sospese”. Resta comunque aperta la porta per un accordo con Ankara: “Il dialogo su questa importante questione continua”, ha rimarcato Andrews, spiegando il “rammarico” del dipartimento della Difesa ma anche la scelta di “adottare misure prudenti per proteggere gli investimenti condivisi effettuati su una nostra tecnologia critica”.

LA POSIZIONE TURCA

La decisione arriva dopo il recente incontro ad Antalya, sulla costa mediterranea della Turchia, tra il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu e il collega russo Sergey Lavrov. In una conferenza stampa congiunta, il turco ha confermato l’impegno all’acquisto dell’S-400, escludendo tra l’altro la possibilità di export del sistema a Paesi terzi. “Li acquisiamo per le nostre esigenze”, ha detto Cavusoglu, ricordando parallelamente il rispetto degli impegni sul programma F-35. Eppure, le preoccupazioni americane e della Nato non riguardano la partecipazione industriale della Turchia al Joint Strike Fighter, quanto piuttosto i limiti di interoperabilità del sistema russo con gli assetti dell’Alleanza e i rischi connessi alla sottrazioni di informazioni da parte di Mosca sugli stessi.

IL TEMA STRATEGICO

Poi, c’è l’apprensione strategica, relativa allo scivolamento di Ankara verso la Russia di Vladimir Putin. Occasione per testare gli umori degli alleati ci sarà già domani, quando Cavusoglu arriverà a Washington per partecipare al vertice dei ministri degli Esteri della Nato, occasione per festeggiare i 70 anni dell’Alleanza nella città in cui nel 1949 fu firmato il trattato istitutivo. Si troverà faccia a faccia con il segretario di Stato Mike Pompeo, lo stesso che negli scorsi mesi ha scelto la linea dura sul tema. I più ottimisti sperano in un passo indietro della Turchia sull’S-400, considerando soprattutto l’importanza che l’Aeronautica di Ankara attribuisce all’F-35. A dicembre dello scorso anno, Recep Tayyip Erdogan aveva addirittura dato un forte endorsement al programma, intervenendo sul tema durante un comizio a Istanbul: “Compreremo 120 aerei F-35, prodotti negli Stati Uniti; parte dei componenti di questi velivoli sono realizzati in Turchia”. L’uscita non è servita a placare l’insofferenza americana, da mesi intenzionata a misure concrete per impedire l’arrivo dell’S-400 in Turchia.

IL BASTONE E LA CAROTA

Un segnale importante sulle intenzioni statunitensi era già arrivato a novembre, quando il Pentagono aveva presentato i primi risultati sull’analisi (chiesta dal Congresso in estate) relativa agli effetti che potrebbe avere sul sistema industriale l’esclusione della partecipazione turca. L’uscita delle imprese di Ankara, notava il vice sottosegretario Affari internazionali della Us Air Force Heid Grant, “non avrebbe impatti devastanti”, poiché le componenti fornite dai turchi potrebbe essere facilmente prodotte negli Usa o da altri partner al programma (qui si aprirebbe una partita su cui anche l’Italia può farsi avanti). Parallelamente, gli Usa hanno lavorato per offrire un’alterativa all’S-400. A dicembre, il dipartimento di Stato americano ha dato la sua approvazione alla vendita della più moderna versione del sistema di difesa Patriot, già bocciato dai turchi nelle precedenti formulazioni nel 2013 e nel 2017 per la scarsa prospettiva di trasferimento di lavoro al comparto industriale di Ankara. L’ipotesi pare ancora remota, ma non è detto che nel settantesimo anniversario della Nato la Turchia non scelga di ricollocarsi nei binari della storica Alleanza.



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