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Phisikk du role – I futuri e l’appello alla paura

Alla fine l’invito che Andrea Graziosi, storico di orizzonti larghi, fa col suo ultimo libro “Il futuro contro. Democrazia, libertà, mondo giusto” (Il Mulino), non è poi così lontano dall’appello a non lasciarsi sopraffare dalla paura che da Papa Wojtyla a Papa Francesco si rincorre sul filo della spiritualità e su quello della ragione civile nella cultura solidale cristiana. Perché di fede, allenata alla luminosa energia della passione, c’è bisogno davvero per affrontare un futuro che si prepara con tutta la gamma possibile della torbidezza. Almeno nello “storytelling” che una parte della cultura occidentale (e italiana in particolare), con i piedi piantati nel Novecento e quasi il rammarico d’essere scivolati in questo secolo, propone a chi vuole ragionare degli accadimenti provando a tracciare una strada possibile per il prossimo tempo. Che abbiamo di fronte, noi occidentali orgogliosi costruttori dei Parlamenti e degli ordinamenti costituzionali di impianto liberale: il tempo che Fareed Zakaria, influente opinionista politico americano, ha definito come quello della “illiberal democracy”, che vede protagonisti i Trump, i Putin, gli Orban e, nel nostro piccolo, ma neanche troppo, visto che abbiamo in corso un esperimento gialloverde guardato dagli studiosi con l’interesse che poteva avere Koch per la tubercolosi, anche i Salvini.

Il libro di Graziosi si pone molte domande sul contesto in cui si sono coltivate le derive populista e sovranista che, come morbi veloci e pervasivi, si insediano nelle nostre società e nella nostra politica facendo leva oltre che sulle paure ( l’appello alla paura, insegna la psicologia, rende sempre molto elettoralmente, soprattutto se si offrono soluzioni di riparo semplici) anche sul nostro invecchiamento. Sì, perché il fattore demografico nel continente europeo ricco e anziano, ha un suo peso decisivo: da dove si attinge l’energia necessaria per il cambiamento se si è nell’età del declino e, soprattutto, quanta voglia di guardare al futuro può avere un adulto con tante pesanti primavere sulle spalle? Il suo primo istinto sarà la conservazione. O la chiusura. La chiusura allo straniero, all’immigrato innanzitutto, carburante pregiato per i predicatori del sovranismo. Un “altro” troppo lontano, incomprensibile, ansiogeno. A cui si risponde con natio, il nazionale, il locale. Ne’ aiutano le modellistiche insufficienti e manieriste di un’ideologia progressista che si compiace di se’ con le parole d’ordine rassicuranti raccolte dall’iperuranio del politically correct che incontra solo stanchezza e sbadigli nel corpo elettorale. Perché la demonizzazione manichea praticata da quella ideologia nei confronti delle paure del popolo, sconfigge l’area progressista per l’incapacità di capire la difficoltà dei ceti piccolo e medio borghese, impoveriti dalla crisi. E poi c’è l’ossessione di alcuni mantra, come il “merito” ad ogni costo, per esempio. Mantra mal recitato, secondo Graziosi. Perché “se è sbagliata una società fondata sul privilegio di classe lo è altrettanto una società gerarchicamente ordinata sulle capacità naturali dei più forti”.

O la proclamazione di un certo spirito pauperista rivolto programmaticamente agli ultimi, che dà la sensazione di non occuparsi della maggioranza della popolazione. È in questo vuoto di ruolo delle opposizioni progressiste che si coltiva, allora, il rito della paura e del sovranismo. Diceva Husserl, evocato dal bel pamphlet di Bernard-Henri Lévy “Looking for Europe” da poco in distribuzione, dei “maniaci del natio”. Da poco cacciato dai nazisti dalla sua cattedra universitaria perché ebreo (prese il suo posto Heidegger, invece gradito ai nazisti) , il filosofo nel 1935 a Vienna tenne una conferenza in cui incitava il pubblico ad esercitare “l’eroismo della ragione” contro il nazionalismo, invitando ad aprirsi ad una nuova e più larga identità: quella europea. Parlava di una ripartenza “dalle ceneri della stanchezza”. Ed è quello che ci invita a fare Andrea Graziosi, con questo libro agile e pieno di passione civile.


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