C’è nell’aria l’impegno per avviare una nuova trattativa a favore del Venezuela. L’ha anticipato in un’intervista a Il Fatto Quotidiano il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “La prossima settimana il mio consigliere diplomatico sarà in missione in Venezuela insieme al nunzio apostolico per incontrare esponenti del governo e delle forze di opposizione e svolgere un’opera di mediazione che possa accelerare il risultato di nuove elezioni presidenziali, credibili e trasparenti”.
Ma è, appunto, su questo nuovo e necessario processo elettorale che resta il nodo dello scontro politico ed istituzionale nel Paese sudamericano. Il voto non può essere garantito con Nicolás Maduro ancora al potere.
Questa è la posizione del presidente ad interim del Venezuela, Juan Guaidó, leader dell’opposizione venezuelana. In una conversazione con Formiche.net, Rodrigo Diamanti, rappresentante di Guaidó per gli aiuti umanitari in Europa e membro della delegazione in Italia, ha spiegato luci e ombre di queste nuove iniziative per la mediazione con il regime bolivariano.
“Ci preoccupa il perché di questa mediazione – ha spiegato -. Noi abbiamo il percorso molto chiaro, perché è tutto scritto nella Costituzione venezuelana. L’unico passo possibile è verso la convocazione di elezioni libere, con le caratteristiche definite nell’ultima riunione del Gruppo di Contatto Internazionale per il Venezuela”.
Nuovo consiglio nazionale elettorale, ente regolatore del processo; presenza degli osservatori internazionali; libertà dei prigionieri politici, iscrizioni di tutti i candidati dell’opposizione e legalizzazioni dei partiti oppositori, finora banditi nello scenario politico venezuelano. Sono queste alcune delle condizioni a cui Guaidó e i suoi non rinunceranno. “Noi non accetteremo meno di questo – ha dichiarato Diamanti -. Farlo sarebbe essere contro la Costituzione e fuori dalle leggi, e noi non vogliamo e non possiamo farlo”.
Secondo Diamanti, il compito del mediatore, anche nel caso del Vaticano, sarà quello di convincere un regime ad arrendersi, rischiando di sottoporsi alla giustizia internazionale per crimini di lesa umanità. Una missione per nulla facile. “Siamo in una situazione di sequestro in cui il sequestratore sa che ha poche possibilità di uscire senza essere processato. Il Vaticano dovrà convincere i dittatori a lasciare il potere”, ha spiegato il delegato.
Sulla posizione ambigua del governo italiano, Diamanti ha sottolineato che sono stati fatti passi avanti, dopo le ultime dichiarazioni del vicepremier Luigi Di Maio in cui non riconosce Maduro come presidente: “L’ha detto dopo il viaggio negli Stati Uniti. Ora penso che ci vogliono passi coerenti con quella dichiarazione. Se non si riconosce Maduro come presidente, devono essere annullate le credenziali diplomatiche del suo ambasciatore in Italia. E successivamente si deve riconoscere il rappresentante di Guaidó, che è il presidente come indica la nostra Costituzione”. In caso contrario, l’Italia lascerebbe senza presidente il Venezuela, lasciando un vuoto di potere che favorisce esclusivamente il regime.
“La scorsa settimana è stato presentato un videomessaggio al Senato in cui il presidente Juan Guaidó invitava il governo italiano ad inviare una commissione in Venezuela per constatare la grave situazione, che è peggiorata con i continui blackout – ha ricordato Diamanti -. L’Italia ha il dovere di proteggere i suoi connazionali a rischio in Venezuela, nonché di difendere i principi democratici”.
Maduro ha arrestato Juan Planchart, cugino e collaboratore di Guaidó, con la cittadinanza italiana, secondo Diamanti: “Lo fanno per intimidire il presidente. Ma è un chiaro messaggio al governo italiano di come il regime si sta radicalizzando”.
Intanto, Guaidó non molla. I prossimi passi dell’agenda dell’opposizione continuano. Si mantiene la linea della pressione interna, con le manifestazioni in piazza; la pressione esterna con la richiesta di riconoscimento degli ambasciatori del governo di transizione e le sanzioni contro funzionari del governo di Maduro. Per fare capire che quello che fanno comporta delle conseguenze.
In quanto all’accordo con la Croce Rossa, ancora non ci sono informazioni su quando arriveranno gli aiuti umanitari e come si procederà alla distribuzione. Certo è che, date le dimensioni della crisi umanitaria, non basteranno.