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La legge 194: laicità e civiltà

La legge 194 è una legge di civiltà.

La manifestazione denominata “pro-life” (in modo in opportunto, dato che chi sostiene la legge 194 è altrettanto pro-life) ha radunato appena 30mila persone, un risultato un po’ modesto. Nel frattempo il Sommo Pontefice dice “tutelate l’embrione”.

Avere la legge 194 è una garanzia per tutti i cittadini e tutte le cittadine: la visione dell’embrione come essere vivente a sé rispecchia bene una filosofia e una religione, ma questa non riguarda tutti i cittadini. Lo Stato è laico e non ha una religione, deve garantire tutti i suoi cittadini.

La legge 194 non obbliga nessuna donna ad abortire, ma concede l’opzione di scegliere. La donna è il soggetto del diritto, non l’embrione. Una donna ha il diritto di scegliere sulla propria vita e sulla propria materialità. Associare al diritto di scelta una connotazione etico-religiosa è improprio: il principio fondamentale, anche per la religione, è il libero arbitrio. La legge è in garanzia di quelle persone che non si riconoscono nella morale cattolica e in garanzia di casi estremi, come il concepimento non voluto, magari frutto di una violenza o di un incesto.

La società è molto più del cattolicesimo. La Chiesa, che combatte il relativismo, ci è dentro in pieno. La Chiesa, infatti, non rappresenta il “tutto”, in Italia ormai vivono persone che si definiscono e riconoscono nel cattolicesimo, tanto quanto in altre confessioni tanto quanto in nessuna di esse. Lo Stato non deve rispondere a principi religiosi, non è una teocrazia, ma deve far valere il diritto, la ragione e la libertà dei propri cittadini: tutti!

La libertà di scelta è la vera prova, anche per un credente. Se una donna sceglie di abortire, ha il diritto di farlo e lo stato deve offrire la garanzia che questa scelta sia esercitata in sicurezza. Sarà la sua coscienza a dirle cosa è giusto e cosa non lo è, non una autorità terza che decide della sua vita e obbliga le sue scelte.



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