Rimettendo a posto 200.000 Km di rete idrica (da ricostruire e sostituire) si potrebbero avere benefici ambientali e socio-economici fin da subito. E di cantieri già pronti ce ne sarebbero oltre 600 per 4,5 miliardi di risorse. Naturalmente maggiore attenzione dovrebbe esser data alla depurazione (sotto infrazione Ue e con il rischio di multe salatissime per l’Italia), alle perdite di rete e alla crisi idrica del sud.
C’è attesa pertanto intorno agli effetti del nuovo metodo tariffario transitorio del Servizio idrico messo a punto dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, per superare così il periodo post-referendum, in attesa di sistema definitivo che dovrebbe arrivare l’anno prossimo. Il futuro della gestione della risorsa si intreccia con quanto si riuscirà a fare nel campo degli investimenti in opere e infrastrutture. A questo e al nuovo sistema tariffario dell’acqua e’ dedicato il convegno “Effetti contrattuali e finanziari della nuova regolazione idrica: verso il metodo tariffario definitivo”, organizzato per il 14 maggio a Firenze da Confservizi Cispel Toscana, Federutility (la Federazione dei gestori e delle aziende di luce, acqua e gas) e Anea (Associazione nazionale autorità e enti d’ambito), dove interverranno anche il sindaco di Firenze Matteo Renzi, il sottosegretario alle Infrastrutture Erasmo D’Angelis, il presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (Aeeg) Guido Bortoni, il presidente della Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini, il F2I, la Banca Europea degli investimenti.
La cifra richiesta per mettere l’Italia al passo con il resto d’Europa è impegnativa: 65 miliardi di euro in 30 anni che dovrebbero proiettare il nostro Paese verso un adeguamento del Servizio. Tanta è la necessità di queste risorse che, in molti, pensano anche ad un finanziamento pubblico. Al punto che, per esempio, per il nuovo sottosegretario alle Infrastrutture Erasmo D’Angelis “parte di esse andrebbero messe in Finanziaria”, in modo da “riaprire i cantieri e allo stesso tempo dare “ossigeno” all’occupazione con 180-200 mila posti lavoro”.
In base a uno studio di Althesys (la società di consulenza strategica guidata dal bocconiano Alessandro Marangoni) un lavoro sugli acquedotti, dove ci sono ancora troppe “disparità tra regioni”, potrebbe servire per mettere una “toppa” alle perdite della rete che a livello nazionale sfiorano il 40%. Non sarebbe nemmeno da sottovalutare il rimodernare il sistema delle fognature (che copre oggi solo l’86% della popolazione) e completare la depurazione (che copre il 70% della popolazione). Un settore, quello dell’acqua, che se reso attraente agli investimenti potrebbe portare al Paese benefici economici, ambientali e sociali per 24 miliardi in 30 anni. Subito pronti, per opere “cantierabili”, ci sarebbero 4,5 miliardi per 628 interventi (in base a un rapporto costruito sui dati delle 34 maggiori aziende del Paese in termini di fatturato): 74 al nord (12%); 160 previsti al centro (25%); 394 interventi per il sud (63%). Al meridione andrebbero anche il maggior numero di risorse: 1.827.676.644 euro, cioè il 40% del totale; poco meno al nord con 1.803.066.106 euro (39%), e 938.403.211 euro per le aziende del centro (21%). In ordine i campi di intervento riguardano acquedotto, fognatura e depurazione, nuove opere e manutenzione straordinaria, emergenza ambientale e miglioramento dell’efficienza.
“Quello che emerge è che, pur apprezzando che si cominci a discutere del merito – osserva Adolfo Spaziani, direttore generale di Federutility, parlando del nuovo metodo tariffario dell’Authority – ci sono molti punti critici. Non è però una bocciatura ma e’ che sono molti i problemi su cui bisognerebbe lavorare, soprattutto perché gli investimenti ristagnano”. In particolare, spiega Spaziani, “pur con i progressi compiuti, il metodo tariffario transitorio non è in grado di offrire certezze; non è in grado da solo di finanziare gli investimenti; a queste condizioni di non remunerazione del capitale l’accesso al credito è difficile”. Federutility chiede che ”il Governo in carica e i successivi inseriscano sempre nei piani di programmazione pluriennali e nei documenti economici quale proporzione intendono rispettare tra tasse (scollegate dalla risorsa e redistribuite dallo Stato secondo i bisogni), trasferimenti (dall’Ue, dallo Stato e dalle Regioni, in base all’area e alla progettazione), tariffe (pagate dagli utenti in base all’uso del servizio e ai consumi)”, le cosidette tre ‘T’.
Ed effettivamente il sottosegretario D’Angelis conferma il ritardo dell’Italia: ‘’Questo governo dopo 20 anni di abbandono deve rilanciare il settore a partire da infrastrutture idriche, acquedotti, fogne e depurazione. Ad oggi, in media, 2 italiani su 10 sono ancora privi di fogne e 3 su 10 non sono allacciati a sistemi di depurazione. Ma al Sud la situazione va molto peggio’’.
Per D’Angelis il problema della depurazione è tra i più urgenti: “Siamo la maglia nera europea; abbiamo aperta una procedura di infrazione Ue e rischiamo di dover pagare delle sanzioni di 715 mila euro per ogni giorno di ritardo, se non ci adegueremo entro il 2015, più una somma forfettaria sulla base del Pil”. Quello che serve ora, spiega il sottosegretario ed ex presidente di Publiacqua, è “una tariffa definitiva che arriverà il prossimo anno. E’ un settore che ha bisogno di qualche risorsa nella manovra Finanziaria, altrimenti il settore non ce la fa. E insieme al ministro Maurizio Lupi e al ministero dell’Ambiente dobbiamo avere chiaro il quadro regione per regione; e – conclude – far ripartire i cantieri, che significa oggi mettere a lavorare circa 180-200 mila persone, dando un po’ d’ossigeno anche all’occupazione’’.