“Gli Stati Uniti capiscono che non è necessario l’uso della forza in Venezuela”. Queste sono state le dichiarazioni del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, citato dall’agenzia Tass all’uscita dell’incontro con il segretario di Stato, Mike Pompeo, nella città di Rovaniemi, Finlandia.
Il capo della diplomazia russo ha spiegato che la riunione con Pompeo aiuta a rafforzare i progressi dopo la conversazione telefonica tra il presidente della Russia, Vladimir Putin, e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Dopo l’incontro, Lavrov ha escluso qualsiasi tipo di intervento militare in Venezuela da parte degli americani, da quanto si legge sul sito russo Sputnik: “Siamo contro le ostilità ovunque in violazione del diritto internazionale, l’uso della forza può essere autorizzato solo dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, o può essere utilizzata in risposta all’aggressione contro uno Stato sovrano. Nulla di tutto ciò è stato osservato in Venezuela”.
A che punto, dunque, sono i rapporti Russia-Venezuela sul dossier venezuelano? In una conversazione con Formiche.net, Stefano Stefanini, ex ambasciatore italiano presso l’Alleanza atlantica ed editorialista de La Stampa, ha spiegato che gli Usa sono in una linea di contrasto sulla crisi del Venezuela: “Da una parte ci sono Bolton e Pompeo che hanno avvertito recentemente che la Russia e Cuba devono restare fuori dal Venezuela; dall’altra c’è Trump che pochi giorni fa ha sostenuto una conversazione con Putin senza dire nulla di questo”.
Sebbene gli Stati Uniti, di fatto, sostengono apertamente il governo di transizione di Juan Guaidó, nella speranza di porre fine al regime di Maduro, di fatto si trovano con un pugno di mosche in mano. Secondo Stefanini, “Washington sta semplicemente facendo buon viso a cattivo gioco”.
Dell’ipotesi che sia più probabile un accordo sulla Siria e non sul Venezuela tra Russia e Stati Uniti, – una tesi sostenuta dall’analista Andrey Kortunov, direttore generale del Consiglio di Affari Internazionali della Russia all’emittente Bbc -, Stefanini pensa che “la questione della presenza russa in territorio venezuelano riguarda la vecchia linea della Guerra Fredda, con l’unica eccezione di Cuba, respinta con la forza e le conseguenze che conosciamo. Washington non ammetterà interferenze nell’emisfero occidentale, questo è certo”.
“In Venezuela, prima o poi, una delle due parti dovrà cedere. O almeno trovare un compromesso, come ad esempio la realizzazione di nuove elezioni – ha spiegato Stefanini -. Purtroppo, la Russia sta appoggiando un regime che ha portato il Paese alla rovina. Nonostante ciò, Maduro resta forte perché ha messo nei posti chiave di potere soggetti che lottano anche per la loro sopravvivenza. Per quanti danni abbia fatto, il regime venezuelano resta forte”.
In questo alla comunità internazionale non resta che insistere nel fare pressione politica, diplomatica ed economica, secondo Stefanini: “Ma con sanzioni mirate, direttamente contro funzionari del regime. In una drammatica situazione di crisi umanitaria come quella del Venezuela non si può pensare di applicare sanzioni economiche che possano riflettersi sulla popolazione, già stremata” dalla grave crisi che vive il Paese.