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Perché negli Stati Uniti volano le reti smart

Circa 3 miliardi di dollari investiti da agosto 2009 a marzo 2012, ovvero in 32 mesi, 47mila posti di lavoro creati, e un gettito fiscale aggiuntivo di 1 miliardo di dollari.

Sono le cifre dell’impatto dell’American recovery and reinvestment act (il pacchetto di stimolo del 2009) sui progetti finanziati e agevolati per la trasformazione della rete di distribuzione secondo il modello delle “smart grid”, reti intelligenti in grado di gestire meglio picchi e sovraccarichi, garantendo una distribuzione fluida dell’elettricità. Con i programmi di stimolo è stato creato un vero e proprio nuovo mercato, di dimensioni regionali, in cui gli investimenti hanno beneficiato direttamente produttori di componentistica wireless e materiale elettrico, gruppi di information technology e società di consulenza tecnica; indirettamente l’immobiliare, la finanza, i servizi alla persona e la ristorazione.

Secondo le analisi compiute dal Dipartimento per l’energia, le smart grid sono il settore in cui il moltiplicatore degli investimenti pubblici è stato più elevato, generando un valore della produzione di 6,83 miliardi di dollari. In pratica, per ogni dollaro investito nei programmi pubblici finanziati dal Recovery Act, sono stati generati 2,5-2,6 dollari di Pil addizionale.

Una misura di keynesismo moderno che rafforza produzioni di punta, dove il salario è del 35% superiore alla media nazionale. E’ anche una risposta indiretta alle richieste di chiarimenti di un gruppo di repubblicani della Commissione energia e commercio, che recentemente hanno criticato l’uso del danaro pubblico per salvare, attraverso i programmi di smart grid, utilities elettriche in grave crisi e senza creare reali posti di lavoro.



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