QUALCOSA E’ CAMBIATO
Qualcosa è cambiato in Venezuela. Sebbene settimane fa il governo di transizione di Juan Guaidó insisteva che l’unica mediazione possibile con il regime di Nicolás Maduro poteva avvenire solo dopo la realizzazione di elezioni libere e trasparenti (qui l’intervista di Formiche.net al rappresentante per l’Europa, Rodrigo Diamanti), oggi l’opposizione venezuelana sembra disposta a sedersi ad un tavolo per negoziare.
Quella mossa del 30 aprile, quando Guaidó è apparso sui social accompagnato dai militari, annunciando l’inizio della fine di Maduro, può essere stata alla fine “una scommessa azzardata”, come si legge sul New York Times. In un’intervista concessa ad un altro giornale americano, il Washington Post, il presidente dell’Assemblea Nazionale ha ammesso che sono stati fatti male i conti su quanti (e di quale rango) fossero effettivamente i militari che lo sostenevano.
“Tre settimane dopo – ricorda il NYT – Guaidó si muove tra abitazioni sicure per evitare un possibile arresto. Molti dei suoi uomini, così come deputati e politici che lo appoggiavano, ora sono in carcere o rifugiati in ambasciate di altri Paesi a Caracas. I soldati hanno chiuso più volte l’accesso al Parlamento”.
Guaidó continua a sembrare deciso e ottimista di fronte al pubblico, ma in realtà è molto indebolito e non riesce a trovare una soluzione per il caos. Così, è stato costretto a considerare possibili negoziazioni con Maduro. “Entrambe le parti hanno inviato rappresentanti in Norvegia – si legge sul NYT -, una concessione che Guaidó aveva sempre rifiutato”. Ma la persecuzione del regime è stata molto più dura del previsto.
LE ELEZIONI DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE
Guaidó però non è disposto alla negoziazione su un punto chiave: le nuove elezioni dell’Assemblea Nazionale. Per il leader dell’opposizione, Maduro è un “cinico” se crede di potere anticipare il voto per i membri del Parlamento: “tutti sappiamo che quello che ci ha portato a questa situazione è il non aver celebrato elezioni libere […] Per avere una elezione libera ci vuole la libertà, e prima si devono rinnovare tutti i poteri dello Stato. E su questo non ci sono dubbi”.
“Non siamo disponibili ad una falsa negoziazione”, aveva dichiarato Guaidó il 16 maggio, ribadendo che l’obiettivo principale era fare uscire Maduro dal potere, dare inizio ad un governo di transizione e convocare nuove elezioni libere.
Ma Guaidó non è stato il solo a uscire indebolito dopo la fallita Operazione Libertà. Anche Maduro ha subito le sue conseguenze. Il suo capo dell’intelligence si è dimesso e gli Stati Uniti dicono che molti funzionari di alto livello, inclusi il ministro della Difesa e un magistrato del Tribunale Supremo di Giustizia, hanno contribuito nel piano contro il regime.
“Senza che ci siano indizi di una veloce soluzione, gli alleati europei di Guaidó hanno aumentati gli sforzi per cercare un negoziato tra opposizione e governo – ha raccontato Félix Seijas, direttore dell’agenzia di sondaggi Delphos -. Questo ha portato la battaglia politica venezuelana sul piano diplomatico […] Sembra in equilibrio. Nessun lato può cedere, ma il governo di poter controllare la situazione. Il governo crede che il tempo giochi in suo favore e non ha torto del tutto”.
LE SANZIONI
Inoltre, sono in arrivo altri sanzioni contro militari e funzionari del regime venezuelano, secondo un’anticipazione del Wall Street Journal. L’annuncio dovrebbe avvenire nelle prossime settimane e andrà a colpire personale del governo di Maduro sospettato di riciclaggio di milioni di dollari dei fondi pubblici venezuelani. Nel mirino, casi di corruzione attorno al programma delle scatole Clap, un pacchetto di aiuti alimentari e di beni di prima necessità con cui il regime ha cercato di sostenere le famiglie più bisognose.
Il nuovo gruppo di sanzioni è diretto anche a funzionari del chavismo coinvolti nella malversazione di fondi provenienti dalla statale petrolifera Pdvsa.