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Fca-Renault, Parigi prepara il futuro dell’auto. E l’Italia?

Se le nozze fra Fca e Renault andranno in porto, “nessun sito sarà chiuso”. Lo ha assicurato il presidente John Elkann subito dopo la formalizzazione delle trattative in corso fra le due case automobilistiche. Ma in effetti le rassicurazioni di Elkann saranno riempite di contenuto solo nel momento in cui verrà presentato il piano industriale post-aggregazione delle due aziende. Intanto Parigi ha un’ importante carta da giocare: lo Stato, che ha creato Renault nell’immediato dopoguerra, ha ancora il 15% del capitale della casa automobilistica francese (il 7,5% post-fusione). Per contare qualcosa, Roma dovrebbe invece investire denaro mettendo sul piatto qualche miliardo di euro.

Non solo. Il governo di Édouard Philippe ha un piano pluriennale per lo sviluppo dell’industria dell’auto, quello di Giuseppe Conte no. Con il rischio per l’Italia di perdere a medio termine un settore importante dell’economia con i suoi 93 miliardi di fatturato (il 5,6% del pil, dati Cdp, Sace Simest, Anfia) e una galassia di 5.700 imprese. A Roma i contatti istituzionali certo non mancano fra l’industria italiana dell’auto e i ministeri, ma sono soprattutto concentrati alla gestione di crisi come quella degli ex impianti Fiat-Iveco di Termini Imerese e di Flumeri. Manca invece un progetto di ampio respiro finalizzato ad immaginare l’industria dell’auto italiana nei prossimi venti o trent’anni anni tentando di sviluppare un settore che ha un effetto moltiplicatore pari a 3,2 sull’economia.

A Parigi invece alla fine del 2018, il premier Philippe ha incaricato Xavier Mosquetet della Boston Consulting group di Detroit e l’ex direttore operativo di Renault, Patrick Pélata, di stilare un rapporto per “rinforzare l’attrattività e la competitività della Francia nell’automobile e nella mobilità di domani”. Uno studio che, come si legge nella lettera d’incarico, “comporterà un’analisi e delle proposte quanto ai campi di cooperazione strategica da rinforzare con i nostri partner, soprattutto europei e in particolare la Germania”.

Nel report di 71 pagine consegnato a febbraio 2019, i due super-esperti, che hanno pronosticato l’arrivo in Europa delle vetture smart entro il 2030, hanno evidenziato come “la Francia deve poter rinforzare la sua posizione su scala europea e mondiale e continuare ad affermarsi come uno dei Paesi leader nell’automobile e nella mobilità del domani”. Hanno poi suggerito di “fare della Francia un paese leader nei veicoli a basse emissioni” attraverso un piano pluriennale di investimenti fatto di commesse pubbliche e sviluppo di infrastrutture, oltre che di incentivi ai privati per stimolare la domanda di vetture elettriche. Inoltre hanno proposto allo Stato di “sostenere la creazione di una filiera francese ed europea di produzione di batterie, capace di porsi fra i leader mondiali”.

Nel dettaglio, “il mercato degli accumulatori Li-ion è promettente. Secondo le stime di BCG, la sua dimensione mondiale è di circa 18 miliardi (di cui 11-12 per le batterie destinate alla mobilità) e, all’orizzonte 2027, potrebbe raggiungere i 55 miliardi (di cui 45 miliardi per la mobilità). In questo scenario, l’Europa rappresenta fra il 20 e il 30% del mercato delle batterie per la mobilità nel 2027, cioè fra i 9 e i 14 miliardi”. Un dettaglio non da poco dal momento che “non è stata ancora costituita alcuna filiera europea per la fabbricazione degli accumulatori”. Nonostante si tratti di “un’attività ad alto valore aggiunto che rappresenta fra il 72 e il 75% del costo finale delle batterie” si legge nel documento dove si evidenzia il ruolo strategico di Peugeot e di Renault per la creazione di nuova occupazione in Francia.

L’attenzione del governo francese sull’industria dell’auto è dunque elevatissima. E non potrebbe essere altrimenti visto che, secondo i dati della Direction Générale des entreprises dello Stato francese, “l’industria automobilistica in Francia è un asset strategico per l’economia del nostro Paese”: realizza un giro d’affari da 155 miliardi pari al 18% dell’intera industria manifatturiera, impiegando 400mila lavoratori e 4.000 imprese. In questo contesto, non c’è dubbio che Parigi utilizzerà a proprio vantaggio la presenza nel capitale della nuova società che potrebbe nascere dalle nozze fra Fca e Renault. E che cosa farà lo Stato italiano? “Se richiesta, la presenza istituzionale italiana è doverosa” ha spiegato il vicepremier Matteo Salvini. Troppo poco per preservare l’industria dell’auto in Italia.



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